giovedì 19 gennaio 2012

La Cassazione sulla interversione della detenzione in possesso.

Cassazione civile, sez. II, 19 dicembre 2011, n. 27251.

Per rimanere aggiornati gratuitamente sulle ultime sentenze della cassazione civile cliccate sul tasto "mi piace" qui al lato ---->

Nella sentenza in commento la Suprema corte affronta il delicato tema delle modalità attraverso cui possa avvenire la cosiddetta “interversione” della detenzione in possesso.
In particolare, si afferma che l’interversione in possesso può avere luogo anche attraverso il compimento di sole attività materiali, se esse rivelano in modo inequivocabile e riconoscibile dall'avente diritto l'intenzione del detentore di esercitare il potere sulla cosa esclusivamente “nomine proprio”, vantando per sé il diritto corrispondente al possesso in contrapposizione con quello del titolare della cosa.
Il caso è quello di Gamma, fondazione ecclesiastica, proprietaria di un terreno occupato senza titolo da Tizio e Caia, la quale citava in giudizio gli occupanti abusivi, che avevano altresì edificato abusivamente una costruzione, per ottenere  la condanna degli stessi al rilascio del terreno ed alla demolizione dei manufatti illegittimamente costruiti. Le controparti si opposero alla pretesa proponendo domanda riconvenzionale di acquisto della proprietà dell'immobile per intervenuto usucapione.
Respinta in primo grado, la domanda riconvenzionale di usucapione viene accolta in appello sulla base del rilievo che le prove raccolte avevano dimostrato il possesso ventennale del bene da parte del convenuto, considerato anche il possesso esercitato sullo stesso dalla madre, S.R. , sua dante causa, che aveva iniziato ad occupare il bene fin dal 1950 in forza di un contratto di affitto agrario ma che poi, nella seconda parte degli anni '50, edificando su di esso una casa di circa 50 mq, aveva manifestato in modo non equivoco la volontà di comportarsi come proprietaria in via esclusiva, a nulla rilevando in contrario l'intervenuta proroga del contratto agrario stipulato in forma orale dal 1 gennaio al 31 dicembre 1956.
 Sulla domanda riconvenzionale dei convenuti i giudici di legittimità affermano che la costruzione di un organismo edilizio nuovo, realizzato dal detentore di un terreno su propria iniziativa, senza il consenso, quanto meno tacito, dei proprietari, i soli legittimati al compimento di attività edificatorie sul fondo, costituisce un comportamento suscettibile di manifestare pretese dominicali sul bene, trascendenti i limiti della detenzione, sia pur qualificata, incompatibili con il possesso del titolare del diritto reale, come tali idonee ad integrare gli estremi di un atto d'interversione ai sensi dell'art. 1141, comma 2, cod. civ..
Si riportano di seguito le motivazioni della Suprema Corte:
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli art. 1140, 1141, 1158 e 2697 cod. civ. e 112, 345, 115 e 116 cod. proc. civ. ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere affermato che la dante causa del convenuto, S.R. , in forza dell'edificazione dell'immobile sul terreno da lei affittato, avesse mutato lo stato di detenzione in quello di possesso. La valutazione così operata dal giudice territoriale è errata in quanto l'interversione del possesso è atto che, rivelando la volontà del detentore di comportarsi d'ora in poi come proprietario, deve essere rivolto espressamente nei confronti del titolare del bene, laddove l'edificazione rappresentava null'altro che un inadempimento posto in essere dal detentore. In ogni caso, la decisione è sbagliata e la motivazione viziata per avere la Corte svalutato indebitamente la circostanza che nel 1956, cioè dopo che la costruzione della casa era già iniziata, la S. aveva prorogato il contratto di affitto agrario, così riconoscendo espressamente l'altrui proprietà del concedente. La Corte romana avrebbe inoltre dato rilievo, ai fini della dimostrazione del possesso, a circostanze di per sé non univoche o irrilevanti, quale il fatto che il terreno fosse recintato e chiuso con un cancello, che l'immobile fosse stato per lungo tempo locato a terzi e che per la costruzione fosse stata presentata istanza di sanatoria. Anche questo motivo è infondato.
Va premesso al riguardo che l'accertamento della sussistenza in concreto di atti capaci di provocare l'interversione del possesso, vale a dire il mutamento dello stato di fatto della detenzione in possesso, costituisce un'indagine di fatto, rimessa alla esclusiva competenza del giudice di merito, sicché, nel giudizio di legittimità, questa Corte non può prendere direttamente in esame la condotta della parte, al fine di stabilire se il comportamento dedotto abbia o meno integrato la fattispecie della interversione, ma può solo valutare se l'accertamento sul punto compiuto dal giudice di merito sia sufficientemente e logicamente motivato e sia rispondente ai criteri legali che qualificano, dal punto di vista giuridico, il fenomeno della interversione (Cass. n. 4404 del 2006; Cass. n. 12007 del 2004).
Tanto precisato, si osserva che la Corte di appello ha ravvisato nel caso di specie l'interversione del possesso nel fatto che sul terreno in oggetto, della superficie di circa 450 mq., detenuto a titolo di affitto, fosse stata edificata una costruzione con destinazione abitativa di circa 50 mq., affermando che il fatto di edificare costituisce esercizio di una facoltà inerente al diritto di proprietà, con l'effetto che essa manifesta, anche verso l'esterno, mediante una condotta riconoscibile da parte di tutti e quindi anche dal proprietario, l'intenzione di comportarsi come proprietario del bene. Tale valutazione appare sottrarsi alle critiche sollevate dalla ricorrente.
Sotto il profilo della motivazione, in quanto le ragioni poste a base dell'accertamento appaiono sufficientemente esplicitate e congrue e logicamente adeguate in ordine alla conclusione raggiunta. Sotto il profilo della violazione di diritto, avendo questa Corte già più volte chiarito che l’interversione della detenzione in possesso può avvenire anche attraverso il compimento di sole attività materiali, se esse manifestano in modo inequivocabile e riconoscibile dall'avente diritto l'intenzione del detentore di esercitare il potere sulla cosa esclusivamente nomine proprio, vantando per sé il diritto corrispondente al possesso in contrapposizione con quello del titolare della cosa (Cass. n. 5419 del 2011; Cass. n. 1296 del 2010). Né sembra sul punto che possa negarsi, in via generale ed astratta e salva ogni valutazione in concreto, che spetta, come rilevato, al solo giudice di merito, che l'edificazione di una casa su un terreno ricevuto in detenzione possa manifestare la volontà di comportarsi come proprietario, rappresentando essa l'estrinsecazione di una facoltà tipica del diritto dominicale. In questo senso, del resto, questa Corte risulta essersi già espressa, affermando che la costruzione di un organismo edilizio nuovo, realizzato dal detentore di un terreno su propria iniziativa, senza il consenso, quanto meno tacito, dei proprietari, i soli legittimati al compimento di attività edificatorie sul fondo, costituisce un comportamento suscettibile di manifestare pretese dominicali sul bene, trascendenti i limiti della detenzione, sia pur qualificata, incompatibili con il possesso del titolare del diritto reale, come tali idonee ad integrare gli estremi di un atto d'interversione ai sensi dell'art. 1141, comma 2, cod. civ. (Cass. n. 1296 del 2010; si vedano, inoltre, Cass. n. 12968 del 2006 e Cass. n. 1802 del 1995, quest'ultima con riferimento alla realizzazione da parte del detentore di una strada sul fondo). Infondata appare infine la censura di vizio di motivazione con riferimento alla circostanza che la dante causa dei convenuti, cui viene fatto risalire il fatto della interversione del possesso, avesse stipulato la proroga del contratto di affitto del fondo per l'anno 1956, che è atto palesemente incompatibile con la volontà di possedere. Dalla lettura della sentenza emerge infatti che la costruzione è stata realizzata nella seconda metà degli anni '50, sicché è da ritenere successiva alla proroga, mentre risulta sfornita di qualsiasi riferimento agli atti probatori la deduzione della ricorrente secondo cui l'inizio della costruzione sarebbe precedente all'atto di proroga in questione”.

Nessun commento:

Posta un commento