lunedì 16 gennaio 2012

La Cassazione sulla “emptio spei” e sulla “emptio rei speratae”.

 

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Cassazione civile, sez. III, 5 dicembre 2011, n. 26022
Nell'"emptio spei", o vendita di speranza, il compratore, ai sensi dell'art. 1472, secondo comma, c.c., si impegna incondizionatamente a pagare un prezzo determinato al venditore, anche se la cosa o il diritto venduto non vengano mai ad esistenza o siano, comunque, quantitativamente o qualitativamente diversi da quelli sperati o supposti dal compratore al momento dell'acquisto. La vendita di cosa sperata è, invece, una vera e propria vendita di cosa futura, come tale a carattere meramente obbligatorio ed a consenso anticipato che diviene completa e produce i suoi effetti definitivi, tra i quali il trasferimento del diritto venduto, solo quando sia nato il diritto o sia venuta ad esistenza la cosa venduta, con la conseguenza che se il diritto non nasce o la cosa venduta non viene ad esistenza, il contratto manca di oggetto e la vendita diviene nulla.
La vendita di frutti naturali futuri, siano essi già pendenti o germoglianti, è vendita di cosa futura, così che la proprietà degli alberi o dei frutti del fondo è acquistata dal compratore solo quando gli alberi sono tagliati ed i frutti sono separati. Tale vendita si trasforma in "emptio spei" se il compratore si sia accollato, per patto espresso, l'ulteriore e distinto rischio dell'esistenza della cosa venduta, impegnandosi a pagare il prezzo in ogni evento. Stabilire se si abbia "emptio spei" o "emptio rei speratae" o in genere vendita di cosa futura costituisce questione di fatto che attiene alla interpretazione della volontà perché incensurabile in Cassazione. 

Cassazione civile, sez. II, 30 giugno 2011, n. 14461.
Nell'ipotesi di "emptio rei speratae", a norma dell'art. 1472, secondo comma, cod. civ., la vendita è soggetta alla "condicio iuris" della venuta ad esistenza della cosa alienata, la cui mancata realizzazione comporta non già la risoluzione del contratto per inadempimento, bensì la sua nullità per mancanza dell'oggetto. E poiché, ove si tratti dei frutti naturali della cosa, il passaggio di proprietà avviene, a mente dell'art. 821 cod. civ., con la separazione dei primi dalla seconda, ne consegue che il rischio del verificarsi di eventi che impediscano la venuta ad esistenza dei frutti naturali della cosa, al pari del rischio della mancata venuta ad esistenza di quest'ultima, è a carico del venditore, giacché grava su di esso, salvo patto contrario, l'obbligazione di separazione dei frutti dalla cosa principale che si trovi nel suo dominio e possesso e, dunque, nella sua disponibilità giuridica e materiale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto nullo, per inesistenza dell'oggetto, la compravendita di frutti pendenti da un agrumeto mai venuti a maturazione a causa di gelate).

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