mercoledì 29 febbraio 2012

Adempimento del terzo e surrogazione nei diritti del creditore.


 di Giovanni Miccianza

Preliminarmente occorre analizzare la questione relativa all’eventuale tutela che offre l’ordinamento al terzo che, in materia assolutamente spontanea ed unilaterale, adempia consapevolmente al debito altrui.
Sul punto, in particolare, notevole è il contributo che dottrina e giurisprudenza hanno fornito nel corso degli anni, prendendo spunto dalla disposizione dell’art. 1180 c.c., in forza del quale: una obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se quest’ultimo non ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione.
Il secondo comma della stessa norma, inoltre, precisa che il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.
Dal tenore letterale della norma, appare chiaro che nulla viene detto circa il rapporto che si viene ad instaurare tra debitore e terzo.
A tale proposito, pertanto, il problema da risolvere risulta l’identificazione del titolo in base al quale il terzo potrebbe agire nei confronti del debitore, in considerazione del fatto che, come è stato sottolineato dalla Suprema Corte, detto titolo “sussiste soltanto in presenza di una delle ipotesi di surrogazione e regresso previste dalla legge” (Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9946).
In dottrina e giurisprudenza, al riguardo, vi è chi ha individuato nella situazione che si determina tra terzo e debitore una fattispecie di surrogazione nei diritti del creditore, ai sensi del terzo comma dell’art. 2036 e del quinto comma dell’art. 1203 c.c..
Un simile orientamento, per molto tempo, è parso prevalente, con diverse pronunce dei Giudici di legittimità che hanno evidenziato come “se anche la ripetizione di indebito non fosse ammessa, ove un soggetto abbia adempiuto un debito altrui ben sapendo di non essere debitore (non potendo tale pagamento considerarsi effettuato in situazione di errore), in questa ipotesi vi è luogo quanto meno alla surrogazione del solvens nei diritti del creditore, ai sensi dell’art. 2306, comma 3, c.c. e dell’art. 1203, n. 5 c.c.” (Cass., 29 aprile 1999, n. 4301).
Tale opinione, deve però precisarsi, risulta più di recente abbandonata.
Ed invero, come recentemente evidenziato da una decisione dei Giudici di legittimità: la disposizione dettata dall’art. 1180 c.c. attribuisce al pagamento effettuato dal terzo, che non abbia interesse ad una prestazione personale, effetto solutorio dell’obbligazione anche contro la volontà del creditore, ovvero norma in base alla quale non viene attribuito al terzo adempiente un titolo per agire nei confronti del debitore al fine di ripetere la somma versata in adempimento “essendo necessario, a tal fine, che sia allegato e dimostrato il rapporto sottostante tra terzo e debitore” (Cass., 8 novembre 2007, n. 23292).
Ed a tale proposito, proprio con riferimento alla decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite prima richiamata, può ulteriormente specificarsi che un tale titolo sussiste solo nelle ipotesi di surrogazione e regresso previste dalla legge, ai sensi degli artt. 1201-1202 e 1203 c.c..
Così delineata la situazione, bisogna allora chiedersi quale eventuale rimedio possa avere il terzo che ha adempiuto spontaneamente ma che non ha la possibilità di surrogarsi nei diritti del creditore.
A tale proposito, la Suprema Corte osserva che “indubbiamente il solvens – stante l’ingiustificato vantaggio economico ricevuto dal debitore – può agire, nel concorso delle condizioni di legge, per l’ottenimento dell’indennizzo da arricchimento senza causa ” (Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9946).
Sul punto, risulta però necessario formulare alcune ulteriori considerazioni.
In primo luogo, infatti, deve sottolinearsi che secondo un orientamento della stessa Suprema Corte, l’azione di arricchimento non potrebbe essere esercitata quando il soggetto che si è arricchito è diverso da quello con il quale chi compie la prestazione ha un rapporto diretto, tenuto conto che in questo caso l’eventuale arricchimento costituisce solo un effetto indiretto e riflesso della prestazione eseguita (cfr., tra le altre, Cass., 26 luglio 2002, n. 11051 e Cass., 5 agosto 2003, n. 11835).
In secondo luogo, proprio con riferimento al “concorso con le condizioni di legge” sottolineato dalla richiamata sentenza della Suprema Corte Sezioni Unite, deve evidenziarsi come, dal punto di vista della regola generale, gli stessi Giudici di legittimità hanno ribadito, peraltro con altra recente pronuncia a Sezioni Unite, che per dar luogo all’azione ex art. 2041 c.c. devono ricorrere due requisiti, costituiti dall’unicità del fatto costitutivo dell’arricchimento e dalla sussidiarietà dell’azione (cfr. Cass., Sez. Un., 8 ottobre 2008, n. 24772).
Da ultimo, merita di essere segnalato che, in ogni caso, vi sarebbe una sostanziale differenza, quanto ai risultati ottenuti, tra la surrogazione e l’eventuale esercizio dell’azione di ingiustificato arricchimento.
Nel primo caso, infatti, con la surrogazione il terzo si trova ad acquisire il diritto di credito spettante all’originario creditore, con tutti gli accessori, le relative cauzioni, le eventuali garanzie reali e personali, subentrando il terzo in tutte le posizioni giuridiche che per l’appunto appartenevano alla sfera del creditore.
Con l’azione ex art. 2041 c.c., viceversa, fermo restando i necessari presupposti per farvi ricorso, il solvens potrebbe conseguire un indennizzo (cfr. a tale proposito Cass., Sez. Un., 11 settembre 2008, n. 22385).
Alla luce di quanto sopra riportato e, soprattutto, tenuto conto del riferito orientamento giurisprudenziale, deve ritenersi che, per recuperare quanto corrisposto il terzo potrà agire ai sensi del terzo comma dell’art. 2036 c.c. soltanto in presenza di una delle ipotesi di surrogazione  e regresso previste dalla legge. Nella denegata ipotesi in cui non si potrà agire con la surrogazione o tra mite l’azione di regresso, nel concorso delle condizioni di legge, si potrà esperire l’azione per l’ottenimento dell’indennizzo da arricchimento senza causa.

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