della Dott.ssa Stefania Cosimi
Buon giorno
cari lettori in un contesto socio economico come quello attuale scagli la prima
pietra chi non si è dovuto confrontare quotidianamente con la “sua Banca”. Per molti di noi tecnici o
non il confronto con il titano in questione è spesso gravoso: il personale che
interloquisce con l’utente, infatti, è costretto ad applicare le proprie “normative” spiegando di
volta in volta al cliente che divenendo tale le ha accettate, anche se non
pienamente comprese. Si purtroppo è così tutti noi aderiamo ad un servizio
bancario firmando montagne di documenti e legittimando l’istituto ex post a
variare le condizioni contrattuali a nostro sfavore. Sembra un eresia ma è
cosi.
Ma andiamo con
ordine e partiamo dalla considerazione che normalmente una famiglia è costretta
ad aprire un conto corrente bancario per le normali operazioni di cassa:
accreditare bonifici per stipendi e pensioni, domiciliare utenze e se le è
possibile fare del risparmio.
Il contratto
di conto corrente è regolato nella sua disciplina dal codice civile e dal Testo
Unico sulle Disposizioni Bancarie. L’art. 1834 cc prevede che nei depositi di
somme di denaro presso una banca questa ne acquista la proprietà ed è obbligata
a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del termine convenuto
ovvero a richiesta del depositante. La Banca risponde dell’esecuzione
dell’incarico secondo le norme sul mandato (art.1856 cc) Il T.U. delle
disposizioni bancarie con particolare riferimento all’art.118 comma 1° prevede
che nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola
approvata specificatamente dal cliente la facoltà di modificare unilateralmente
i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussiste
un giustificato motivo oggettivo.
Chiaramente il
cliente può persuadersi che l’Istituto abbia modificato le condizioni
contrattuali solamente se riceve una comunicazione scritta dall’Istituto ovvero
nell’eventualità che si persuada dai documenti di conto corrente che riceve con
periodicità da lui richiesta dalla Banca che qualcosa non va. Nel caso di
specie però il cliente deve ricordare che ha unicamente 60 gg di tempo per
poter contestare le poste indicate.
Dobbiamo certamente
considerare che a distanza di anni spesso la modificazione delle condizioni
contrattuali è un “toccasana”; dopo tutto il contratto può risultare in un
momento successivo alla sua stesura iniquo per il cliente. Dunque il
ristabilire il sinallagma contrattuale previsto ex lege è certamente positivo,
tuttavia nell’esercizio dello ius variandi l’istituto deve rispettare alcune
condizioni.
Cosa succede, però, nel caso in cui la
banca non rispetti i requisiti di sostanza e di forma previsti dalla legge per
lo ius variandi? La previsione normativa prevede che in caso di
variazioni sfavorevoli non comunicate al cliente le stesse sono inefficaci con
la conseguenza che il tentativo di modificare le condizioni contrattuali non
produce effetti. Con riferimento alle variazioni favorevoli al cliente, invece,
le stesse producono pienamente la loro efficacia prescindendo dal rispetto
delle formalità.
Per amore di
chiarezza dunque la Banca che volesse attuare una modificazione legittima, ma
che non ha rispettato l’iter previsto deve unicamente ripeterlo. Se però la
modificazione è illegittima, invece, la banca non ha alcuna speranza di attuare
la modifica.
Occorre
comunque considerare che le modifiche contrattuali unilaterali non possono
introdotte in un contratto bancario ad nutum, in quanto la legge richiede che sussista un giustificato motivo oggettivo.
Il suddetto passaggio del testo di legge è da valutarsi come cruciale
soprattutto poi nell’attuazione pratica.
La Banca non
può meramente pentirsi delle condizioni contrattuali apposte ad un cliente e in
un momento successivo revocare il contratto senza che non siano intervenuti
fatti tali da intaccare l’assetto degli interessi che aveva condotto alla
pattuizione originaria. E’ indubbio però che il cliente possa nel corso del
tempo non presentare lo stesso grado di affidabilità economica che aveva in
passato e per questa ragione la Banca deve reputarsi legittimata a revocare le
condizioni contrattuali spese.
Nel contesto
però dei contratti bancari occorre distinguere i contratti di durata dai contratti
a tempo indeterminato. Con riferimento ai contratti di durata, infatti, il
diritto di recedere dalle clausole contrattuali può essere esercitato in ambiti
più ristretti e per clausole che non abbiano ad oggetto i tassi di interesse
sempre che non sussista un giustificato motivo oggettivo. Tipico esempio di
contratto bancario di durata è il mutuo con il quale il cliente ha un tempo
determinato per restituire la somma ricevuta in prestito.
Al di la della
tipologia contrattuale consideriamo che il comportamento bancario dello ius variandi
può applicarsi sia nei confronti di soggetti definiti “professionisti” (tipico
esempio le imprese)sia verso soggetti definiti consumatori (le
famiglie). E’ consumatore per il codice del consumo colui che persona fisica o
giuridica agisca per scopi estranei all’attività imprenditoriale. Il
comportamento che deve tenere l’istituto si distingue nettamente nel caso di
consumatore piuttosto che di professionista riflettendosi inevitabilmente anche
nella stesura contrattuale. La comunicazione deve avvenire in forma scritta o
mediante altro supporto durevole e per attestare la prova dell’avvenuto
ricevimento deve avvenire secondo modalità che comprovino la ricezione. La
prova dell’intervenuta trasmissione e ricezione è a carico dell’istituto.
Mi sembra interessante
analizzare al termine di questo mio breve intervento la posizione assunta dalla
Corte Costituzionale in materia di interessi di mora illegittimi con la Sentenza - 14/12/2012-9/1/2013 n. 350. Si
tratta di quegli interessi che normalmente sono dovuti in caso di ritardato
pagamento nelle transazioni commerciali.
La Corte nel caso di specie ha ritenuto
legittima la possibilità di richiedere un interesse di mora maggiorato di 3
punti e convenzionalmente stabilito, ma solamente se lo stesso al momento della
stesura del contratto non superava la soglia di limite legale previsto dalla
legge anti usura.
L’interpretazione della legge è importante soprattutto laddove si
consideri che le inadempienze contrattuali soprattutto in un periodo di
profonda crisi economica come questo sono spesso frequenti. In questo modo si
statuisce un principio giuridico di controllo del contratto che a mio modesto
avviso rappresenta una sicura ancora di salvezza per molti sfortunati debitori
bancari.
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