Corte di Cassazione – Sez. II Civile – 10
gennaio 2013 n. 477 – Pres. Dott. R.M.Triola – Est. S. Petitti; H. c/ R.T.A. ed
altro (Cassa con rinvio Corte
d’Appello di Trento, 23 luglio 2005 n. 320)
Responsabilità precontrattuale – Configurabilità
– Trattative – Clausola generale – Correttezza e lealtà – Stipulazione del
contratto
La regola disposta dall’articolo 1337 c.c
non si riferisce alla sola ipotesi di ingiustificata rottura delle trattative,
ma assume valore di clausola generale il cui contenuto non può essere
predeterminato e implica il dovere per le parti di trattare in modo leale
astenendosi da comportamenti reticenti e fornendo alla controparte ogni dato
rilevante al fine della stipulazione del contratto; pertanto la violazione di
questa regola aggiuntiva è idonea a determinare la configurazione della
responsabilità precontrattuale.
In estrema sintesi e senza
pretesa di completezza, la massima su riportata deriva dalla seguente vicenda
concreta. La regione autonoma Trentino Alto Adige inseriva un “avviso di
ricerca” su alcuni giornali al fine di individuare un immobile da destinare a
nuova sede per gli Uffici del Catasto e del Libro Fondiario. A tale annuncio
rispondeva la società Alfa, la cui offerta veniva considerata idonea. Si
avviava così la fase delle trattative. Successivamente, giungeva un’offerta
tardiva da parte della società Beta. L’originaria deliberazione con la quale si
giudicava idonea la prima offerta veniva revocata e, senza fornire informazione
veruna alla società Alfa, la regione proponeva un nuovo avviso di ricerca
all’esito del quale, scelto un nuovo immobile, procedeva all’acquisto. La
società Alfa conveniva in giudizio la regione domandando un risarcimento a titolo
di responsabilità precontrattuale. La domanda veniva rigettata in primo e in
secondo grado.
La responsabilità precontrattuale
riguarda comportamenti collegati alla fase formativa del contratto. L’art. 1337
c.c. impone alle parti un preciso obbligo di comportamento «secondo buona
fede». La buona fede deve intendersi in senso oggettivo[1],
quale sinonimo di correttezza e lealtà, espressione del principio di
solidarietà[2] (art. 1175 c.c.). Infatti,
in capo ai soggetti di un rapporto obbligatorio grava un “obbligo di
salvaguardia”, ciascuno di essi ha l’obbligo di salvaguardare l’utilità
dell’altro nei limiti in cui ciò non comporti un apprezzabile sacrificio[3]. Le
ipotesi tipiche di responsabilità precontrattuale possono riassumersi in tre
tipologie: mancata conclusione del contratto, conclusione di un contratto
invalido, conclusione di un contratto valido, ma pregiudizievole[4]. Il
caso che ci occupa rientra nella rottura delle trattative. Affinché sia
configurabile la responsabilità è necessario che la rottura intervenga allorché
si sia consolidato l’affidamento di controparte ed il recesso risulti
ingiustificato. Ciascun soggetto, in ossequio al principio dell’autonomia privata
e della retrattabilità della propria manifestazione di volontà[5], è
libero di mutare convincimento nei limiti del “principio di autoresponsabilità
del dichiarante” in virtù del quale chi rende una dichiarazione contrattuale
diviene altresì responsabile degli affidamenti che essa crea[6].
In altre parole, il recesso dalle trattative è considerato illegittimo e,
conseguentemente fonte di responsabilità, allorquando sia espressione della
violazione della clausola del comportamento secondo correttezza. Tale violazione
risulta configurabile nei casi in cui la condotta della parte sia stata tale da
ingenerare nella controparte l’erroneo convincimento della conclusione del
contratto, violando i principi di buona fede, lealtà, correttezza e diligenza.
Nel caso di specie è stato creato durante la fase delle trattative un legittimo
affidamento, in capo alla società Alfa, in merito alla sicura conclusione del
contratto giacché erano stati definiti gli elementi principali del negozio di
compravendita, quali l’oggetto ed il prezzo, inoltre i comportamenti sono stati
univocamente diretti ad indurre a ritenere che il contratto si sarebbe
perfezionato; il recesso, pertanto, risulta illegittimo in quanto in contrasto
con il principio del neminem laedere[7].
La sentenza in commento sottolinea come la portata dell’art. 1337 c.c. non si
limiti unicamente all’ipotesi di rottura ingiustificata delle trattative ma
racchiuda una clausola generale relativa al dovere di comportarsi secondo buona
fede durante le trattative. La norma tende ad evitare comportamenti improntati
a superficialità, disattenzione, incompetenza, pertanto essa non vieta solo
condotte connotate da dolo, ma anche quelle meramente colpose. Il comportamento
di buona fede sottende quale ulteriore corollario il dovere di informazione[8]. Nel
caso di specie la società Alfa non è stata informata della revoca della
delibera e neppure della riproposizione dell’avviso di richiesta e tale mancata
comunicazione ha corroborato ancor più la convinzione della conclusione del
contratto.
In conclusione la regola[9]
disposta dall’articolo 1337 c.c non si riferisce alla sola ipotesi di
ingiustificata rottura delle trattative, ma assume valore di clausola generale, essa esprime il dovere per le parti di trattare in modo
leale astenendosi da comportamenti reticenti, pertanto la violazione di tale
disposizione è idonea a determinare la configurazione della responsabilità
precontrattuale. La valutazione sull’idoneità o meno delle trattative di
ingenerare affidamento deve essere valutata nel merito.
Marcella Ferrari
[1] La buona
fede in senso soggettivo, invece, si sostanzia nell’ignoranza inconsapevole di
ledere situazioni giuridiche altrui e si ritrova nella disciplina del possesso.
[2] Non a
caso, nella stesura originaria del Codice Civile la norma si riferiva alla
solidarietà corporativa.
[3] In tal
senso vedasi BIANCA, Diritto civile. L’obbligazione, 4,
Milano, Giuffrè, 1993, 86 ss.
[4] In tal
senso ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di
Iudica – Zatti, Milano, Giuffrè,
2001, 180 ss.
[5] Si pensi
alla libera revocabilità della proposta e dell’accettazione (art. 1328 c.c.).
[6] Mentre
un tempo, infatti, era prevalente il “dogma della volontà”, con il passaggio ad
una visione oggettivistica del contratto, è risultata dominante la “teoria
della dichiarazione” in cui assume rilievo anche l’affidamento che viene creato
nella controparte mercé la propria condotta. In tal senso, ROPPO, op.cit., 38 ss.
[7] È appena
il caso di ricordare che la responsabilità precontrattuale rientra nel genus della responsabilità aquilana,
pertanto la sussistenza della risarcibilità del danno e la sua valutazione
devono essere effettuate alla stregua degli artt. 2043 e 2056 c.c. (in tal
senso Cass, S.U., 16 luglio 2001 n.
9645, Giust. Civ. Mass., 2001, 1404)
[8]
L’obbligo di informazione è più pregnante allorché vi siano casi di asimmetria
contrattuale. Si rammenta che, nel caso di specie, il rapporto riguardava una
Pubblica Amministrazione ed una società privata.
[9] Preme
sottolineare come il dovere di correttezza non rientri tra le clausole
imperative aventi contenuto proibitivo, come quelle considerate dall’art. 1418
c.c., ne deriva che la sua violazione non determini l’invalidità del contratto;
trattandosi di una regola di comportamento, la sua violazione importa
responsabilità e un conseguente obbligo risarcitorio (In tal senso Cass., sez. III, 18 ottobre 1980).
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