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CONVIVENZA MORE UXORIO, COMODATO E AZIONE DI
SPOGLIO.
Traccia parere.
Tizio,
avendo ricevuto in comodato dal padre un immobile sito in Roma, decide di
andarvi a vivere nel 2000 insieme alla fidanzata Mevia.
Negli
anni successivi, pur decidendo di non sposarsi, Tizio e Mevia continuavano a
convivere sotto lo stesso tetto.
Nel
2012 Tizio, a causa di un gravissimo incidente stradale viene costretto ad una
lunghissima degenza, per oltre un anno, in ospedale.
Durante
la sua assenza, il padre, proprietario dell’immobile, decide di sostituire la
serratura della porta d’ingresso che Mevia continua ad occupare.
Mevia
si rivolge al vostro studio legale chiedendovi parere motivato sulla vicenda e
raccontandovi che il padre Tizio aveva compiuto tale gesto dopo averle detto,
nell’ambito di una discussione, che lei non aveva alcun titolo per occupare
l’immobile.
Il
candidato rediga il parere chiesto da Mevia.
Sentenza risolutiva parere.
Cassazione civile, sez. II, 2 gennaio 2014, n. 7.
Fatto
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Con
sentenza n. 3156 del 2003 il tribunale di Torino accoglieva la domanda con la
quale Z.R. aveva chiesto nei confronti di Ca.Ro.Ma., C.F. e C. M. la
reintegrazione del possesso dell'appartamento in cui abitava more uxorio con
Ca.Ro.Ma., il quale lo deteneva in virtù di comodato gratuito concessogli dal
fratello M..
Il
primo Giudice riteneva l'avvenuto spoglio, avendo accertato che C.F. e C.M.
avevano cambiato la serratura dell'appartamento nel periodo in cui Ca.Ro.
M.
era stato degente in ospedale a causa di un grave incidente stradale.
La
decisione era riformata dalla Corte di appello di Torino che, con sentenza dep.
il 30 novembre 2006, rigettava la domanda.
In
primo luogo, era disattesa la richiesta di rimessione in termini formulata da
Ca.Ro.Ma., che era rimasto originariamente contumace, sul rilievo che le
condizioni in cui versava il predetto erano tali da consentirgli di avere
contezza del contenuto del giudizio e di fornire al legale tutti gli elementi
per apprestare una adeguata difesa tecnica, atteso che la prima udienza era
stata fissata circa quattordici mesi dopo la cessazione della pur lunga degenza
ospedaliera seguita al grave incidente stradale occorsogli, essendo messa in
evidenza la diversa situazione concernente la deposizione che in sede penale il
medesimo avrebbe dovuto rendere e che, per le sue condizioni, era stata
rinviata.
Quindi,
dopo avere premesso che era provato il rapporto di convivenza more uxorio
intercorso fra la Z. e Ca.Ma., i Giudici escludevano che a favore dell'attrice
potesse configurarsi una situazione qualificabile come di possesso, posto che
la relazione con la cosa trovava fonte in un rapporto contrattuale - il
comodato intercorso fra Ca.Ma. e il proprietario C. M. - e che la Z. era
consapevole di usufruire dell'alloggio messo a disposizione del convivente da
un terzo.
Neppure
poteva ipotizzarsi a favore dell'attrice una detenzione qualificata,
legittimante l'azione di spoglio, tenuto conto che, in relazione al rapporto di
convivenza, l'alloggio doveva considerarsi messo a disposizione per ragioni di
precaria ospitalità.
2.-
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la Z. sulla base di due
motivi.
Resistono
con controricorso gli intimati proponendo ricorso incidentale affidato a un
unico motivo.
Diritto
MOTIVI
DELLA DECISIONE
Preliminarmente
il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 c.p.c.,
perchè sono stati proposti avverso la stessa sentenza.
RICORSO
PRINCIPALE:
1.1.
- Il primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione dell'art. 1168
c.c., deduce che l'azione proposta si fondava non sulla convivenza more uxorio
ma sul possesso diretto esercitato dalla medesima che aveva goduto con animus
possidendi - anche dopo l'incidente in cui fu coinvolta insieme al convivente -
dell'appartamento in cui aveva trasferito il proprio corredo e gli oggetti
personali, senza che fosse mai stata formulata alcuna contestazione da parte
del proprietario che era a conoscenza della convivenza e che la Z. aveva
continuato ad abitare nell'alloggio anche dopo l'incidente.
La
esistenza del comodato non faceva venir meno l'animus possidendi che in ogni
caso prescinde dalla buona o mala fede e che si desume anche dal comportamento
del possessore.
In
ogni caso il permanere nel godimento dell'immobile aveva determinato la
interversione del possesso.
Sussisteva
la legittimazione ad agire dell'attrice in virtù dello spoglio violento e
clandestino, con il quale era stata privata del possesso o comunque delle
detenzione qualificata, che è configurabile, secondo i principi elaborati dalla
S.C., a favore dei componenti del nucleo familiare conviventi nell'alloggio.
2.
- Il secondo motivo, lamentando omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto decisivo della controversia, censura la sentenza
laddove aveva affermato che l'appartamento era stato messo a disposizione non
della Z. ma di C. M., quando il proprietario era consapevole che in esso la
predetta aveva abitato e aveva continuato ad abitare anche dopo l'incidente
occorso al convivente, esercitando una situazione possessoria propria o
comunque una detenzione qualificata propria.
3.-
I motivi - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati
congiuntamente - sono fondati nei limiti di cui si dirà infra.
a)
Correttamente è stata esclusa a favore dell'attrice una situazione
qualificabile come di possesso, posto che la relazione di fatto con la cosa era
iniziata a titolo di detenzione, essendo stato il bene consegnato dal
proprietario in virtù del comodato intercorso con Ca.Ma.: se è, perciò, da
escludere la presunzione di cui all'art. 1141 c.c., ai fini del mutamento della
detenzione in possesso, chi abbia iniziato il godimento del bene a titolo di
detenzione non può acquistarne il possesso finchè il titolo non venga mutato
per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta nei
confronti del possessore;
quest'ultimo
mutamento richiede, in particolare, il compimento di uno o più atti estrinseci,
dai quali sia possibile desumere la modificata relazione di fatto con la cosa
detenuta, attraverso la negazione dell'altrui possesso e l'affermazione del
proprio (Cass. 212252/2007; 5854/2006; 4404/2006).
Come
si dirà meglio infra la Z., in quanto convivente per un lasso di tempo non
trascurabile del comodatario, deve ritenersi codetentrice dell'appartamento
destinato ad abitazione in virtù del medesimo titolo: la permanenza nell'alloggio,
anche durante il periodo di degenza di Ma., rientrava nell'esercizio delle
facoltà inerenti al comodato e dunque alla detenzione trasmessa al convivente
con il comodato (Cass. 7293/1992; 11374/2010): pertanto, non potrebbe l'attrice
invocare una situazione di possesso.
b)
Peraltro, come già accennato, la qualità di convivente del comodatario
legittimava l'attrice a esperire l'azione di spoglio, quale detentrice
qualificata. Ed invero, secondo il più recente orientamento della
giurisprudenza di legittimità condiviso dal Collegio, in considerazione del
rilievo sociale che ha ormai assunto per l'ordinamento la famiglia di fatto, la
convivenza "more uxorio", quale formazione sociale che da vita ad un
autentico consorzio familiare, determina, sulla casa di abitazione ove si
svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto basato su
di un interesse proprio del convivente ben diverso da quello derivante da
ragioni di mera ospitalità, tale da assumere i connotati tipici di una
detenzione qualificata, che ha titolo in un negozio giuridico di tipo
familiare. Al riguardo, è stato ritenuto che l'estromissione violenta o
clandestina dall'unità abitativa, compiuta dal convivente proprietario in danno
del convivente non proprietario, legittima quest'ultimo alla tutela
possessoria, consentendogli di esperire l'azione di spoglio (Cass. 7214/2013).
Tenuto conto della posizione dei conviventi del comodatario, il principio deve
evidentemente trovare applicazione anche qualora lo spoglio sia compiuto da un
terzo nei confronti del convivente del detentore qualificato del bene, come
appunto è avvenuto nella specie in danno della Z..
Pertanto,
il ricorso va accolto per quanto in motivazione.
RICORSO
INCIDENTALE:
1.1.-
L'unico motivo denuncia che erroneamente non era stato applicato l'art. 294
cod. proc. civ., sussistendo i presupposti della rimessione in termine del
convenuto Ca.Ma. che non si era costituito in giudizio atteso che, in
considerazione dei postumi del grave incidente in cui era stato coinvolto, il
predetto non era in condizione di sostenere lo stress emotivo di un processo,
tant'è vero che la sua audizione in sede penale era stata rinviata.
1.2.-
Il motivo è infondato.
La
sentenza ha evidenziato come le condizioni di salute non erano tali da non consentire
il rilascio della procura al difensore, che nel giudizio civile rappresenta la
parte esercitando lo ius postulandi, essendo stato correttamente messo in
evidenza il diverso impatto sul piano emotivo di una deposizione da rendere in
un giudizio penale. Qui occorre chiarire che la parte la quale non si sia
costituita tempestivamente in giudizio non può essere rimessa in termini, ai
sensi dell'art. 294 c.p.c., per lo svolgimento di attività per le quali siano
maturate le preclusioni, quando deduca che la mancata costituzione le sia stata
impedita da uno stato di malattia, perchè tale stato non può essere considerato
una causa di impedimento a essa non imputabile, essendo, in ogni caso,
possibile il rilascio di una procura ad hoc per la costituzione (Cass.
5249/1999). Il ricorso incidentale va rigettato.
Pertanto,
la sentenza va cassata in relazione al ricorso principale, con rinvio, anche
per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di
Torino.
PQM
P.Q.M.
Accoglie
il ricorso principale per quanto in motivazione rigetta l'incidentale cassa la
sentenza impugnata in relazione al ricorso principale e rinvia, anche per le
spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Così
deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 28 novembre 2013.
Depositato
in Cancelleria il 2 gennaio 2014