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Il tema delle ormai sempre più
diffuse “Clausole di regolazione del premio” necessita di un preliminare cenno
circa le cc. dd. “condizioni generali di contratto” e il conseguente regime
delle “clausole vessatorie”.
In particolare, le condizioni
generali di contratto sono le clausole che uno dei contraenti (rectius, il predisponente)
utilizza per regolare, uniformemente, i
propri rapporti contrattuali. Esse si contrappongono, quindi, a quelle clausole
che, normalmente, sono, invece, frutto di specifiche trattative tra i
contraenti.
Il suddetto fenomeno ha dato luogo ai
c.d. contratti di massa o per adesione
nei quali il contenuto dell’accordo viene unilateralmente predisposto dal
contraente forte (in genere l’imprenditore) e trasfuso in contratti-tipo
mediante l’utilizzo di moduli e formulari (art. 1342 cod.civ.), non lasciando,
quindi, all’aderente alcun margine di negoziazione.
Ciò premesso, le condizioni generali
di contratto sono disciplinate dall’articolo 1341 cod.civ. secondo il quale “…esse sono efficaci nei confronti dell’altro
contraente solo se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute
o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza”.
E tuttavia, la stessa normativa al 2°
comma precisa che le clausole che stabiliscono condizioni particolarmente
favorevoli per il contraente c.d. “forte”, non
hanno effetto se non sono specificatamente approvate per iscritto da parte
dell’altro contraente, c.d. “debole”.
Si tratta delle c.d. “clausole
vessatorie”, le quali proprio perché comportano uno sbilanciamento del sinallagma
contrattuale, necessitano di una specifica approvazione per iscritto.
Ratio di tale previsione è quella di
garantire l’aderente da eventuali condizioni a lui sfavorevoli in seguito a
clausole gravose accettate inavvertitamente.
Ebbene, la suddetta specifica
approvazione scritta deve essere effettuata mediante una sottoscrizione
separata e distinta (uniformemente al c.d. principio
di specificità e separatezza) da quella delle condizioni generali di
contratto senza che, tuttavia, sia necessario che la sottoscrizione segua una
letterale enunciazione della clausola stessa, essendo apposta dopo una
indicazione idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore (Cass.n.
14661/2003; n.17797/2005).
La questione relativa alle
clausole di regolazione del premio viene
prevalentemente in rilievo nel caso di stipula di polizze assicurative contro i
rischi del credito commerciale.
In altre parole, si tratta di una
polizza che prevede, nel caso di perdita totale o parziale dei crediti da parte
dell’assicurato, una copertura per l’eventuale insolvenza dei propri clienti la
quale non può essere determinata ex ante al momento della sottoscrizione della
polizza assicurativa.
Ebbene, ai sensi dell’art. 1882 c.c.
“l’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un
premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti del danno
ad esso prodotto da un sinistro”.
Pertanto ai fini dell’operatività del
contratto di assicurazione, l’assicurato è tenuto al pagamento di un premio
minimo fisso da versare in via provvisoria ed anticipata sulla base
dell’effettivo rischio cui esso soggetto.
Tuttavia, può verificarsi il caso in
cui la determinazione del premio assicurativo sia soggetta ad elementi
variabili che rendono impossibile stabilirne l’ammontare.
Ecco perché, sempre più spesso,
vengono conclusi contratti di assicurazione con la c.d. “clausola di
regolazione del premio”, dove oltre al pagamento in via provvisoria di un
premio minimo fisso, l’assicurato è tenuto, altresì, al pagamento di un premio
aggiuntivo da versarsi alla scadenza del periodo assicurativo e da determinarsi
in funzione dell’effettiva variazione di quei dati che devono per tale
necessità essere correttamente e puntualmente comunicati all’assicuratore onde
consentirgli l’esatta e definitiva commisurazione dell’intero premio
all’effettività del rischio assicurato”.
Il problema è capire cosa succede nel
caso di mancata comunicazione dei dati variabili entro il termine contrattuale
previsto e il ritardato pagamento del premio aggiuntivo. In particolare, la
garanzia assicurativa deve ritenersi sospesa con effetto retroattivo ai sensi e
per gli effetti di cui all’art. 1901 del c.c.?
Nell’ambito del contratto di
assicurazione, infatti, l’art. 1901 c.c. disciplina le conseguenze del mancato
pagamento del premio, da cui deriva la sospensione della garanzia assicurativa.
Tuttavia, ciò che a tal uopo più rileva è accertare quale sia la natura
giuridica della clausola di regolazione del premio: e cioè “ se detta clausola
debba ritenersi o meno una prestazione integrativa della principale
obbligazione dell’assicurato di pagare il premio, con conseguente sospensione
della garanzia assicurativa ex articolo 1901 cod. civ., ovvero debba ritenersi
soltanto una obbligazione accessoria, rispetto alla quale la facoltà di
sospendere la garanzia assicurativa dovrà essere valutata con le regole
ordinarie in materia di inadempimento contrattuale nonché anche sotto il
profilo della vessatorietà (ex art. 1341 secondo comma c.c.)”
Ebbene, tale questione ha dato luogo
ad un contrasto giurisprudenziale, risolto poi dalla Suprema Corte a Sezioni
Unite.
In particolare, un primo
orientamento, per oltre un trentennio rimasto costante, ha ritenuto la clausola
di regolazione del premio una obbligazione integrativa di quella del pagamento
del premio, con la conseguenza che in caso di mancata comunicazione, alla fine
del periodo assicurativo, degli elementi essenziali per la determinazione della
quota integrativa del premio, si verificava la sospensione della garanzia
assicurativa ex art.1901 comma 2, c.c. (assicurazione sospesa dalle ore
ventiquattro del quindicesimo giorno dopo quello della scadenza). (Cass.
n.1956/2003).
Di avviso opposto risultava essere
altra e più recente giurisprudenza, la quale partendo dalla considerazione che
la clausola di regolazione del premio ha natura autonoma rispetto all’obbligo
di pagamento del premio, la ritiene inidonea a riprodurre lo schema dell’art.
1901 c.c.. Da ciò conseguiva che non avrebbe potuto ritenersi sufficiente, ai
fini della sospensione della garanzia assicurativa, l’omissione della
comunicazione dei dati variabili entro il termine contrattuale previsto e il
ritardato pagamento del premo aggiuntivo.
Ma v’è di più. Proprio per il
carattere autonomo della clausola di regolazione del premio e considerato che
essa prevede il pagamento di un premio aggiuntivo cui si ricollega l’effetto
sospensivo della garanzia in caso di mancato pagamento dello stesso, deve essere
necessariamente ascritta fra le clausole onerose con conseguente specifica
approvazione per iscritto ex art. 1341 c.c., pena la sua inefficacia (Cass. n.
3370/2005).
L’orientamento da ultimo citato è
stato poi avallato dalla Corte di Cassazione nella sua più autorevole
composizione la quale, nel ribadire che la clausola di regolazione del premio
ha natura autonoma, ha altresì specificato che l’inottemperanza agli obblighi
assicurativi dell’assicurato, in relazione ai conguagli da effettuare sulle eccedenze
deve essere valutata secondi i criteri generali dell’inadempimento e non sulla
base del disposto dell’art. 1901 c.c. (Cass SS.UU: n.4631/2007).
Pertanto, la circostanza per la quale
le condizioni generali di contratto prevedano la sospensione degli effetti
dell’assicurazione per il caso di mancato pagamento di anche uno solo dei
versamenti qualificandosi come clausola autonoma sortirà i propri effetti solo
qualora dovesse risultare espressamente e separatamente sottoscritta dall’assicurato
ex art.1341, comma 2, c.c.. In caso contrario sarà da considerarsi inefficace.
Sicchè, considerato che:
1) l’art. 1901 c.c. non può trovare
applicazione in quanto la clausola di regolazione del premio è autonoma
rispetto al contratto di assicurazione;
2) trattandosi di clausola limitativa
della posizione dell’assicurato e quindi vessatoria necessitava di separata ed
espressa sottoscrizione, non può che concludersi nel senso che la mancata
comunicazione dei dati variabili entro il termine contrattuale previsto e il
ritardato pagamento del premio aggiuntivo comportano il riconoscimento all’assicurato
di un indennizzo dovuto dalla società assicuratrice, a nulla rilevando il
ritardato pagamento del conguaglio, con conseguente dichiarazione di nullità
della clausola che espressamente prevedeva la sospensione della garanzia
assicurativa perché, in quanto vessatoria, necessitava di apposita
sottoscrizione.
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