Cassazione civile, sez. I, 4 giugno 2012, n. 8928.
di Fabrizia Gaia Postiglione
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Una recente sentenza della Cassazione ha stabilito che gli
episodi di violenza subiti dal coniuge, dopo l'avvenuta separazione,
rappresentano una valida motivazione per richiedere l'addebito della stessa.
La decisione predetta si riferisce a un caso che vede protagonisti
due coniugi che, in primo grado dal Tribunale di Cagliari, non si vedevano
riconoscere le rispettive pretese di
addebito.
La Corte di Appello, in secondo grado, sosteneva che solo le
ragioni della moglie erano fondate dal momento che l'episodio di violenza dalla
stessa subito, seppur avvenuto a seguito della separazione, rappresentava un
palese indizio della personalità del coniuge.
Sussistevano quindi gli elementi necessari per richiedere
l'addebito della separazione nei confronti del coniuge violento.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 8928/2012 accoglieva e
confermava la siffatta tesi sostenendo che ogni qual volta è possibile
dimostrare un episodio di violenza
successivo alla separazione, il Giudice può considerare vere anche le denunce
di precedenti comportamenti analoghi avvenuti prima della stessa.
Gli Ermellini, con la predetta sentenza, hanno precisato che "a fronte della dimostrata condotta
violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente è stata
accolta la domanda di addebito proposta dalla F. , venendo in considerazione
violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per
sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause
determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione
della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del
merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con
essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del
coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive,
traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona,
quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge,
ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque
necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di
essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo
e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento"
IL TESTO INTEGRALE
DELLA SENTENZA:
Presidente Luccioli - Relatore Campanile
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza in data 13 ottobre 2008 il Tribunale di
Cagliari pronunciava la separazione personale dei coniugi F.A. e G.R. ,
rigettando le domande di addebito da entrambi proposte e ponendo a carico del
marito un assegno mensile di Euro 400,00 a titolo di contributo per il mantenimento
della F.
1.1 - La Corte di appello di Cagliari, con la decisione indicata in
epigrafe, accogliendo l’impugnazione proposta in via principale dalla F. ,
dichiarava che la separazione era addebitabile al G., in considerazione della
condotta aggressiva e violenta tenuta nei confronti della moglie. Venivano a
tal fine apprezzate le risultanze emergenti da una sentenza penale pronunciata
in sede di appello dallo stesso Tribunale, a seguito di impugnazione per i soli
effetti civili proposta dalla F. , relativamente a un episodio lesivo
verificatosi in data 3 febbraio 2003, in epoca successiva all’instaurazione del
giudizio di separazione.
Da tale decisione, passata in giudicato, la corte
distrettuale desumeva altresì, sulla base di specifici riferimenti a ulteriori
episodi riferiti da testimoni, che l’evento lesivo per il quale la F. aveva
proposto querela si inseriva in una condotta del marito tenuta tanto in
precedenza quanto in epoca successiva, così da ritenere provata, stante la sua
gravità e la sua incomparabilità con la condotta tenuta dalla moglie, una
violazione della dignità e dell’integrità fisica della coniuge, tale da imporre
la pronuncia di addebito.
1.2 - Per la cassazione di tale decisione il G.
propone ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, cui la F.
resiste con controricorso.
Motivi della decisione
2. - Con il primo motivo di ricorso si deduce insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., per aver la Corte territoriale valutato
un episodio (lesioni personali in danno della F. , per le quali era stata
emessa sentenza di condanna dal Tribunale di Cagliari in data 28 aprile 2009)
verificatosi in un momento successivo alla cessazione della convivenza e per
aver erroneamente affermato, senza il supporto di idonee risultanze probatorie,
l’esistenza, anche per il periodo anteriore, di comportamenti del G. lesivi
della dignità e dell’integrità fisica della moglie.
2.1 - Con il secondo motivo
si lamenta omessa motivazione in merito a un fatto controverso e decisivo per
il giudizio, sostenendosi che la sentenza impugnata non avrebbe considerato,
nella loro complessiva portata, le dichiarazioni rese da tre testimoni, come
riportate nella sentenza penale di condanna del G. per le ragioni sopra
indicate.
2.2 - Con il terzo motivo si denuncia insufficiente motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360,
primo comma, n. 5 c.p.c., per aver la Corte territoriale, in assenza di
adeguata dimostrazione, affermata la ricorrenza di un nesso eziologico fra la
condotta attribuita al G. e l’intollerabilità della convivenza.
2.3 - Con il
quarto motivo viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.,
la violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c.: la Corte di appello, in assenza di
specifiche doglianze della F. circa l’insufficienza di idonee prove in ordine a
reiterate violenze fisiche del coniuge, affermata nella decisione di primo
grado, avrebbe proceduto alla rivalutazione del materiale probatorio già
acquisito.
3 - Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
4 - Ragioni di
evidente priorità sul piano logico - giuridico impongono l’esame preliminare
della questione di rito introdotta con l’ultimo motivo di ricorso. La doglianza
è assolutamente priva di pregio, in quanto il ricorrente traspone sul piano
della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (i cui principi sono stati
rispettati dalla corte di appello, che si è pronunciata in merito all’addebito
della separazione in virtù di motivo di gravame specificamente dedotto dalla F.
), i temi inerenti alla valutazione del materiale probatorio. Con riferimento a
tale aspetto, deve ribadirsi che il giudice di appello, pur in mancanza di
specifiche deduzioni sul punto, deve valutare tutti gli elementi di prova
acquisiti, quand’anche non presi in considerazione dal giudice di primo grado,
poiché in materia di prova vige il principio di acquisizione processuale,
secondo il quale le risultanze istruttorie comunque ottenute, e quale che sia
la parte ad iniziativa o ad istanza della quale siano formate, concorrono tutte
indistintamente alla formazione del convincimento del giudice (Cass., 12 luglio
2011, n. 15300; Cass., 16 aprile 2008, n. 9917; Cass., 12 settembre 2003, n.
13430).
5 - I primi tre motivi, in quanto strettamente correlati, possono
essere congiuntamente esaminati. Le censure sono in parte inammissibili, ed in
parte infondate. Ed invero, da un lato, pur denunciandosi vizi motivazionali,
si tenta di introdurre valutazioni di merito, diverse da quelle compiute dalla
corte territoriale, e, dall’altro, si censurano in maniera atomistica le
risultanze probatorie analizzate nell’impugnata decisione, proponendosi una
loro lettura in maniera conforme alle proprie prospettazioni, senza
considerare, nel loro complesso, le argomentazioni della corte territoriale,
che appaiono immuni da vizi logici.
Non può dubitarsi, infatti, della
possibilità di inferire, sulla base di un comprovato episodio di violenza (quale
quello accertato in sede penale e non contestato neppure dal ricorrente), la
veridicità della denuncia di precedenti comportamenti analoghi, verificatisi
all’interno della mura domestiche (cfr., in motivazione, Cass., 14 gennaio
2011, n. 817). La corte territoriale ha per altro fatto applicazione,
opportunamente richiamandolo, del principio già affermato da questa Corte,
secondo cui la condotta tenuta da uno dei coniugi dopo la separazione e in
prossimità di essa, se pure priva di efficacia autonoma nel determinare
l’intollerabilità della convivenza, può comunque essere valutata dal giudice,
quale elemento alla luce del quale valutare la condotta pregressa ai fini del
giudizio di addebitabilità (Cass., 2 settembre 2005, n. 177810).
Del resto la
condotta prevaricatrice e aggressiva del G. , durante la convivenza, è stata
congruamente desunta dalla sentenza penale con cui costui era stato considerato
responsabile in merito al reato di lesioni in danno della moglie, nella quale
si dava atto del fatto che “la F. si vide costretta ad abbandonare nottetempo
il domicilio coniugale per chiedere aiuto ed ospitalità a una vicina di casa”,
nonché “delle frequenti aggressioni fisiche da parte del marito”, tali da
ingenerare nella donna uno stato di timore costante, desunto dalla richiesta
rivolta al teste M. di scortarla fino a casa, perché aveva paura di andarci da
sola. La corte territoriale, utilizzando legittimamente come fonte del proprio
convincimento, in forza del principio dell’unità della giurisdizione, le prove raccolte
nel menzionato giudizio penale, ricavandoli dalla sentenza quel processo, e
fornendo al riguardo idonea motivazione (Cass., 2 marzo 2009, n. 5009), ha poi
proceduto, al lume di tali risultanze, a una rivisitazione degli elementi
acquisiti in primo grado, esprimendo un giudizio di attendibilità, in base alla
proclività alla violenza del G. lumeggiata nella citata sentenza penale, dei
reiterati episodi denunciati dalla F. anche con riferimento al periodo
anteriore all’interruzione della convivenza.
6 - A fronte della dimostrata
condotta violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente
è stata accolta la domanda di addebito proposta dalla F. , venendo in
considerazione violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da
fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in
quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la
dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il
giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di
comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il
comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi
condotte lesive, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali
della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale
dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di
rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono
insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al
comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale
comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere
l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere
(Cass., 7 aprile 2005, n. 7321; Cass., 14 aprile 2011, n. 8548).
7. - Al
rigetto dell’impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come da
dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controparte, delle spese processuali relative al
presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro
3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
Depositata in Cancelleria il 04.06.2012
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