giovedì 31 marzo 2016

SOLUZIONE TRACCIA CONDOMINIO E TUTELA DEL CONSUMATORE.

SOLUZIONE TRACCIA CONDOMINIO E TUTELA DEL CONSUMATORE.
Cassazione civile, sez. VI, 22 maggio 2015, n. 10679

FATTO E DIRITTO
1) Con sentenza 5 marzo 2014 il tribunale di Napoli ha dichiarato di competenza arbitrale la causa promossa da Arcade Costruzioni srl per ottenere dal condominio di via (OMISSIS) il pagamento di lavori edili già eseguito e il risarcimento dei danni per la mancata esecuzione di tutti i lavori inizialmente appaltati.
Il Condominio eccepiva preliminarmente l'esistenza di clausola compromissoria.
Il tribunale ha accolto l'eccezione di compromesso e con sentenza 5 marzo 2014 ha dichiarato ex art. 819 ter che sussiste la competenza del Collegio arbitrale.
Arcade srl ha proposto regolamento di competenza con atto notificato il 2 aprile 2014.
Il Condominio è rimasto intimato.
Parte ricorrente ha depositato memoria in replica alla requisitoria scritta del P.G..
2) IL ricorso denuncia che la clausola compromissoria è nulla, perchè carente della necessaria reciprocità: l'art. 32 del contratto prevede infatti che la parte Committente, quale attrice o convenuta ha comunque la facoltà di declinare la competenza arbitrale e chiedere che la controversia sia decisa dal giudice ordinario.
Analoga facoltà non è quindi prevista per l'appaltatore.
Secondo parte ricorrente una clausola siffatta sarebbe invalida, perchè le parti non si sarebbero attribuite, come necessario, "un reciproco vincolo", che costituirebbe "elemento essenziale per mantenere il sinallagma del negozio devolutivo".
Senza reciprocità verrebbe meno la funzione della clausola.
3) Va preliminarmente esaminata l'ammissibilità del Regolamento.
E' da premettere che il regolamento di competenza proposto nei confronti di sentenza declinatoria o affermativa della competenza per l'esistenza di clausola compromissoria è ammissibile ove riguardi, come nella specie, un giudizio promosso successivamente al 2 marzo 2006, data di entrata in vigore dell'art. 819 ter c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 4O.(Cass. 29261/11; 5510/11).
Tuttavia secondo la giurisprudenza - pur contraddetta da buona parte della dottrina - non è impugnabile per regolamento di competenza la sentenza che neghi la propria competenza in relazione ad una convenzione di arbitrato irrituale, in quanto tale tipologia di arbitrato determina l'inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, (Cass. 10300/14; 1158/13).
Nella specie il tribunale di Napoli non ha espressamente qualificato il tipo di arbitrato in relazione al quale ha declinato la competenza.
Il regolamento è da ritenere nondimeno ammissibile: per stabilire infatti quale sia il rimedio impugnatorio appropriato, occorre aver riguardo al principio dell'apparenza (Cass. 26919/09;
2558/13) , facendo esclusivo riferimento alla qualificazione data dal giudice all'azione proposta, a prescindere dalla esattezza del provvedimento impugnato, al fine di escludere che la parte possa conoscere "ex post", ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di impugnazione esperibile (Cass. 3712/11; SU 390/11).
In mancanza di espressa indicazione, si deve credere che il tribunale si sia espresso nel senso della configurabilità di arbitrato rituale: ha infatti fermato la propria attenzione alla prima parte della clausola compromissoria, senza prendere in considerazione le parti di essa da ritenere più significative per la qualificazione.
Ha inoltre portato attenzione sul tipo di pronuncia da rendere in relazione all'eccezione di compromesso. In proposito va rilevato che, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario da attribuirsi all'arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, detta eccezione è stata ricompresa, a pieno titolo, nel novero di quelle di rito (Cass. 24153/13), cosicchè deve credersi che sia stato rinvenuto nel sistema un favor per questa figura arbitrale, che mutua dalla giurisdizione pubblica meccanismi processuali analoghi a quelli propri del giudice statale (cfr utilmente Cass. 26135/13 che richiama Corte Cost. 223/13).
Bene ha fatto quindi parte ricorrente a impugnare la sentenza con regolamento di competenza.
3.1) Altro profilo di inammissibilità è stato sollevato dal pubblico ministero, che ha ravvisato nelle doglianze di ricorso la denuncia di un vizio di motivazione, come tale inammissibile in questa sede.
Il rilievo non è condivisibile.
Il vizio di motivazione deducibile ai sensi dell'art. 360 c.p.c. è correlato all'accertamento e alla valutazione di punti di fatto rilevanti per la decisione e pertanto, secondo risalente opinione (347/2000; 4010/2003), tale vizio non può essere dedotto nel ricorso per regolamento di competenza, in cui sono contestabili soltanto l'affermazione o l'applicazione di principi giuridici.
Nella specie però la questione sollevata in ricorso non attiene alla ricostruzione del fatto, ma a profilo giuridico, attinente la validità della clausola: si sostiene infatti, come anzidetto, che la clausola compromissoria debba avere, a pena di invalidità, carattere bilaterale o reciproco.
4) Va dunque esaminata la fondatezza di questa tesi, che non è meritevole di accoglimento.
Giova muovere dall'analisi della clausola, che (v. art. 32 del contratto) prevede che le parti in caso di disaccordo su interpretazione, risoluzione o applicazione del presente atto e comunque per qualsiasi controversia si rimettono, "con promessa di rato e valido", al giudizio di arbitri "amichevoli compositori", chiamati a decidere "senza alcuna formalità procedurale e secondo equità".
Poichè nell'arbitrato irrituale le parti intendono affidare all'arbitro la soluzione di una controversia attraverso uno strumento strettamente negoziale - mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibili alla loro volontà - impegnandosi a considerare la decisione degli arbitri come espressione di tale personale volontà (Cass. 24552/13; 7554/11), le frasi usate, interpretate secondo i canoni ermeneutici codicistici, lasciano intendere che nel caso odierno le parti abbiano voluto preferire lo strumento negoziale per risolvere le controversie.
E' quindi all'arbitrato irrituale che esse hanno fatto riferimento.
In tal senso va corretta la pronuncia napoletana, come la Corte è chiamata a dire, essendo interpellata in sede di regolamento.
4.1) L'attivazione dell'arbitrato prevede, ex art. 32, un meccanismo complesso. E' prevista la possibilità di adire il Collegio arbitrale solo dopo un'interlocuzione diretta, cioè dopo che la Committente "avrà fatto conoscere le proprie decisioni sulle argomentazioni addotte dall'Appaltatore e comunque dopo l'effettuazione del collaudo definitivo".
La clausola prevede poi che solo la Committente ha facoltà di "declinare la competenza arbitrale" e di chiedere che la controversia sia decisa dal giudice ordinario.
Questa previsione non inficia la validità del patto.
Va ricordato che al contratto concluso con il professionista dall'amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la normativa a tutela del consumatore, atteso che l'amministratore agisce quale mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale (Cass. 10086/01; 452/05).
Ciò in primo luogo esclude che vi siano profili di squilibrio negoziale rilevabili di ufficio, poichè committente è il Condominio oggi intimato e non viceversa.
Nè sembra esservi ragione per ritenere che la derogabilità unilaterale confligga con i margini di esercizio dell'autonomia privata.
Va infatti rilevato che la derogabilità unilaterale della clausola compromissoria per arbitrato irrituale è comunque espressione di una tendenza coerente con il sistema, cioè a favore del riconoscimento della giustizia pubblica quale forma primaria di soluzione dei conflitti. Pertanto la rinuncia all'attivazione della forma arbitrale irrituale, che è "strumento strettamente negoziale" (Cass. 24552/13, 6830/14) di soluzione delle controversie, corrisponde a un'opzione che non contraddice norme vigenti, nè alcun valore immanente nell'ordinamento.
5) Previa la correzione della sentenza impugnata di cui si è detto sub 4), il ricorso va rigettato.
Non v'è luogo per condanna alle spese, in mancanza di costituzione dell'intimata in questo procedimento e comunque in considerazione della novità della questione.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
 La Corte rigetta il ricorso.
Al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile - 2, il 17 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2015












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