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Cassazione civile, sez. II, 11 ottobre 2013 n. 23162.
In
tema di contratto preliminare, la consegna dell’immobile oggetto
del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non
determina la concorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi
noti, né comunque quello di prescrizione, perché l’onere della
tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del
diritto.
Focus
sul contratto preliminare ad effetti anticipati: quali azioni può
esercitare il promissario acquirente nel caso in cui il bene sia
affetto da vizi?
di
Filippo Camela
Sommario
1)
Breve excursus storico sul contratto preliminare e collocazione
dell’istituto nel codice civile; 2) la natura giuridica del
contratto preliminare: le tre tesi a confronto; 3) L’inadempimento
agli obblighi nascenti dal contratto preliminare e il rimedio offerto
dall’art. 2932 c.c.; 4) la figura del c.d. contratto preliminare ad
effetti anticipati e l’intervento delle Sezioni Unite n.7930 del
2008; 5) La problematica in materia di vizi della cosa consegnata al
promissario acquirente: l’intervento della Corte di Cassazione con
la pronuncia n. 23162 del 2013; 6) Considerazioni conclusive.
1)Breve
excursus storico sul contratto preliminare e collocazione
dell’istituto nel codice civile.
Il
contratto preliminare acquista per la prima volta dignità giuridica
nel nostro ordinamento a seguito dell’entrata in vigore del codice
civile del 1942.
Stante
il silenzio del codice del 1865, il legislatore si trovò a dover
attingere alle esperienze d’oltralpe per la determinazione e
qualificazione di una stipulazione preparatoria e preliminare al
vincolo contrattuale definitivo.
Le
principali esperienze di riferimento erano quella tedesca, che
operava la scissione di stampo romanistico tra titulus
e modus adquirendi,
e quella francese di cui all’art. 1589 del codice napoleonico
ispirata ai principi del giusnaturalismo groziano secondo cui “la
promessa di vendita vale vendita”1.
In
Germania, in particolare, la previsione di un vincolo
precontrattuale quale il preliminare non è stata
tradizionalmente ritenuta necessaria, attesa la struttura fisiologica
del contratto di vendita stesso il quale si atteggia a contratto ad
efficacia meramente obbligatoria che produce come unico effetto
quello di obbligare al trasferimento della proprietà attraverso il
compimento di un atto a valle astratto costituente il modus
traslativo.
In
Francia, invece, il contratto preliminare non è addirittura ammesso
come figura generale.
L’art.
1589 cod. nap., difatti, nel sancire il principio consensualistico
puro ed inderogabile, afferma il principio di ordine pubblico
dell’inammissibilità della scissione tra titulus
e modus
adquirendi.
Alla
luce di queste impostazioni, il legislatore del 1942 ha adottato una
soluzione intermedia che si desume dal combinato disposto di cui agli
artt. 1351 c.c., sulla
forma del preliminare che deve essere identica a quella del
definitivo,
2932 c.c., che consente l’esecuzione in forma specifica
dell’obbligo di concludere un contratto nascente sia dal
preliminare che da altro titolo,
e 2652 n. 6 c.c. in merito alla trascrizione della domanda giudiziale
di esecuzione in forma specifica con effetto retroattivo della
trascrizione della sentenza.
Da
ultimo, la
legge n. 30/1997 ha previsto la trascrizione di alcuni contratti
preliminari (art. 2645-bis
c.c.).
In
questo trascorrere del contratto preliminare - dall’essere, sotto
il codice del 1865, un “contratto innominato”,
al suo divenire un “contratto nominato”
sotto il codice del 1942 - è possibile cogliere la peculiarità di
un istituto con il quale si offre alle parti, in ossequio a quella
autonomia privata riconosciuta
all’art. 1322 c.c., uno strumento
giuridico deputato alla realizzazione di un assetto di interessi con
il quale è possibile incidere sui tempi e sulle modalità di
realizzazione degli effetti, specie nell’ambito di operazioni
economiche di scambio.
2)
La natura giuridica del contratto preliminare: le tre tesi a
confronto.
Quanto
al rapporto tra contratto preliminare e contratto definitivo e
segnatamente alla natura giuridica di entrambi il dibattito si è
snodato attraverso l’elaborazione di tre teorie.
La
tesi tradizionale qualifica il preliminare come un contratto
meramente preparatorio avente ad oggetto l’obbligo per le parti di
prestare il consenso per la conclusione del definitivo.
Secondo
questa elaborazione, dunque, il preliminare avrebbe una causa diversa
da quella del definitivo perché completamente slegata
dall’esecuzione delle prestazioni finali.
In
questa prospettiva, quindi, il preliminare è una promessa di
consensi e non di prestazioni.
Il
contratto definitivo, invece, è considerato quale unico contratto da
cui deriva l’obbligo di eseguire le prestazioni, avente una causa
propria, diversa e autonoma rispetto al preliminare, atteso che solo
col definitivo si sancisce il programma negoziale concernente le
prestazioni effettivamente da eseguire.
Alla
stregua della teoria tradizionale, risulta evidente una forte
limitazione sul piano della tutela.
Difatti,
se il preliminare è un contratto con causa meramente preparatoria
dal quale deriva il solo obbligo di prestare il consenso al
definitivo, l’azione di inadempimento è configurabile verso il
preliminare solo nel caso di mancata conclusione del contratto
definitivo nei termini prefissati mentre non integrano inadempimento
tutti i comportamenti delle parti capaci di incidere negativamente
sulla prestazione oggetto del contratto finale.
Per
le stesse ragioni, si esclude l’esperibilità verso il preliminare
dei rimedi volti a reagire alle sopraevenienze negative relative alla
prestazione finale, quali la risoluzione per impossibilità
sopravvenuta o l’eccessiva onerosità.
Nell’ipotesi
di difformità tra contratto preliminare e contratto definitivo, si
dovrà sempre tenere a mente che, a fronte della natura prettamente
preparatoria del preliminare, l’unica manifestazione di volontà
negoziale è rappresentata dal definitivo stesso il quale, dunque,
andrà a prevalere sul preliminare.
Una
ulteriore conseguenza dalla tesi in esame concerne i mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale.
Quanto
all’azione revocatoria prevista all’art. 2901 c.c., non essendo
il preliminare un atto dispositivo che possa produrre come effetto il
depauperamento della garanzia patrimoniale generica, detto rimedio
potrà essere proposto avverso l’unico atto dispositivo è cioè il
contratto definitivo.
Quanto
all’azione surrogatoria prevista all’art. 2900 c.c., ritenuto il
definitivo l’unico contratto in cui si esplica l’autonomia
negoziale, il principio applicabile è quello generale della non
surrogabilità di diritti che comportino l’esercizio di un
potere negoziale rimesso all’insindacabile scelta delle parti al
momento della stipula del definitivo.
La
concezione tradizionale è stata progressivamente superata dalla tesi
del c.d. doppio contratto.
Questa
impostazione, avallata dalle Sezioni Unite n. 1720 del 1985,
individua nel contratto preliminare una duplice natura: da un lato,
promessa di consensi in vista della conclusione di un futuro
contratto e, dall’altra, promessa delle prestazioni finali già
determinate dal preliminare stesso.
A
ben vedere, la tesi del doppio contratto, pur non revocando in dubbio
la natura contrattuale del definitivo, fornisce una lettura più
ampia della causa del contratto preliminare la quale si proietta ed è
strettamente collegata al programma che le parti intendono
raggiungere e, quindi, alle prestazioni che dovranno essere eseguite
all’esito della vicenda negoziale.
Questa
nuova valutazione del contratto preliminare risulta confermata anche
dalla Sezioni Unite del 2004 secondo le quali “è
così maturato progressivamente il convincimento che l’impegno
assunto con il preliminare non si esaurisce nello scambio dei
consensi richiesto per la stipulazione del contratto definitivo. Non
solo perché l’interesse delle parti è diretto alla realizzazione
dell’operazione economica programmata, rispetto alla quale il
contratto definitivo assume un rilievo meramente strumentale. Ma (e
soprattutto) perché la conclusione di detto contratto non è neppure
indispensabile per il raggiungimento del risultato perseguito dalle
parti, avendo il legislatore previsto che lo stesso obiettivo possa
essere raggiunto mediante la pronuncia di una sentenza produttiva
degli effetti del contratto “non concluso” (art. 2932 c.c.). Il
contratto preliminare e quello definitivo, pur rimanendo distinti, si
configurano pertanto quali momenti di una sequenza procedimentale
diretta alla realizzazione di un’operazione unitaria”2.
Tale
impostazione, a sua volta, è stata recentemente confermata anche
dalle Sezioni Unite del 20063
le quali, in materia di preliminare di vendita di cosa altrui, hanno
negato la qualificazione del preliminare quale pactum
de contrahendo,
chiarendo che la fattispecie contrattuale in esame è fonte di due
distinte obbligazioni: un dare
e cioè
l’obbligo di far acquistare la proprietà del bene oggetto del
contratto al promissario acquirente e un facere,
inteso come obbligo di prestare il proprio consenso alla conclusione
del definitivo.
Sul
piano della tutela, secondo la tesi in commento, l’inadempimento
sussiste non solo nel caso di mancata prestazione del consenso ma
anche nell’ipotesi in cui uno dei promittenti tenga comportamenti
in grado di impedire o compromettere la realizzazione delle
prestazioni finali già programmate.
In
quest’ottica, le azioni di risoluzione per impossibilità
sopravvenuta o per eccessiva onerosità, pur se concernenti le
prestazioni finali, risultano immediatamente esperibili verso il
preliminare.
Quanto
alla rescissione per lesione, si è concluso che anch’essa è
anticipabile al preliminare.
Inoltre,
si è ritenuta applicabile al preliminare anche la disciplina
dell’art. 1461 c.c. che fa riferimento alla autotutela privata con
la possibilità di sospendere la propria prestazione laddove ci sia
il pericolo di inadempimento altrui. Difatti, se si ritiene che
il preliminare programmi le prestazioni e non solo i consensi e si ha
la ragionevole certezza che la controparte non adempirà le proprie
prestazioni, è ben possibile sospendere
l’adempimento delle obbligazioni, ivi compresa l’obbligazione
di stipulare il contratto ex
art.
2932 c.c.
Quanto
ai mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale, pur restando
aperta la questione relativa all’esperibilità dell’azione
surrogatoria, si dovrebbe concludere per
l’esercizio dell’azione revocatoria nei confronti del contratto
preliminare.
La
terza tesi, sostenuta recentemente da un parte minoritaria della
dottrina e della giurisprudenza, ritiene che il contratto preliminare
abbia la natura giuridica di un contratto definitivo ad effetti
obbligatori.
Tale
posizione attribuisce rilievo, dunque, al preliminare il quale
assurge a fonte di tutti gli obblighi giuridici volti a realizzare
l’assetto di interessi stabilito dalle parti.
In
quest’ottica il preliminare viene inquadrato nell’ambito dei
contratti obbligatori ad efficacia reale differita con i quali si
assumono obblighi relativi alle prestazioni finali, anche se non si
sancisce immediatamente il trasferimento della proprietà.
Specularmente,
il contratto definitivo “degrada” ad atto non negoziale meramente
solutorio destinato soltanto ad adempiere gli obblighi giuridici
delineati nel contratto preliminare.
3)
L’inadempimento agli obblighi nascenti dal contratto preliminare e
il rimedio offerto dall’art. 2932 c.c..
Fermo
restando quanto sostenuto dalle tre teorie suesposte, nel caso
specifico di inadempimento dell’obbligo a contrarre, la parte
adempiente può ricorrere alternativamente a due strumenti di tutela:
la risoluzione del contratto preliminare ai sensi dell’art. 1453
c.c. ovvero l’esecuzione specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c.
con condanna, in entrambi i casi, dell’inadempiente al risarcimento
dei danni.
L’azione
prevista all’art. 2932 c.c., di interesse in questa trattazione,
consente alla parte adempiente di ottenere una sentenza costitutiva
che produce gli stessi effetti del contratto non concluso.
Trattasi
di un provvedimento giurisdizionale suscettibile, in caso di mancata
impugnazione ovvero di esaurimento dei mezzi di impugnazione di
passare in giudicato.
In
tal caso, dunque, il titolo di proprietà si rinviene nella sentenza
la quale deve essere resa pubblica con il mezzo della trascrizione
(art. 2643 n. 14 c.c.) così come la domanda (art. 2652 n.2 c.c.) in
caso di vicende immobiliari.
Come
evidenziato da una parte della dottrina (Gazzoni), la scelta
legislativa di prevedere una sentenza che costituisca un modo di
acquisto della proprietà a titolo derivativo piuttosto che una
sentenza di condanna si spiega in quanto quest’ultima “non
avrebbe potuto offrire adeguata tutela, perché la parte inadempiente
avrebbe potuto persistere nell’inadempimento e l’unica strada
possibile (a prescindere appunto dalla sentenza costitutiva) sarebbe
stata la risoluzione e il conseguente risarcimento del danno”4.
4)
la figura del c.d. contratto preliminare ad effetti anticipati e
l’intervento delle Sezioni Unite n.7930 del 2008.
La
figura denominata “contratto preliminare ad effetti anticipati”,
oggetto specifico della presente trattazione, individua quelle
ipotesi caratterizzate dalla anticipazione, al momento della stipula
del contratto preliminare, di alcuni effetti tipici del contratto
definitivo.
A
titolo esemplificativo, rientra nella fattispecie negoziale in esame
il contratto preliminare di compravendita nel quale, in una fase
antecedente alla stipula del definitivo, il promittente venditore
consegna il bene al promissario acquirente verso il pagamento anche
rateale, da parte di quest’ultimo, del prezzo pattuito.
Sulla
natura giuridica di tale preliminare si registrano orientamenti
contrastanti.
Un
primo orientamento esclude, in virtù della anticipazione degli
effetti, la natura di preliminare del contratto posto in essere dalle
parti il quale, indipendentemente dal nomen iuris attribuitogli dalle
stesse, può considerarsi a tutti gli effetti un definitivo.
Un
secondo orientamento, invece, nel valorizzare la sequenza
“preliminare ad effetti anticipati-contratto definitivo” inquadra
entrambe le figure in un procedimento negoziale complesso in cui gli
effetti contrattuali si scindono in più fasi successive.
Un
terzo orientamento reputa il contratto preliminare ad effetti
anticipati come un vero e proprio contratto preliminare a cui le
parti, nell’ambito di quella autonomia negoziale di cui all’art.
1322 c.c., hanno deciso di ricondurre alcuni effetti tipici del
contratto definitivo.
Tale
anticipazione non determina, tuttavia, una modificazione della natura
giuridica e della funzione tipica del contratto preliminare.
Sul
punto, sono intervenute le Sezioni Unite del 2008 le quali,
ricostruendo e qualificando la vicenda nell’ambito di un
particolare collegamento negoziale5,
hanno introdotto una tesi profondamente innovativa.
La
Corte di Cassazione, in particolare, ha ritenuto che “il
contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati si
compone di un contratto principale (per l’appunto il contratto
preliminare di compravendita) e due accessori ad esso
funzionalmente collegati nei quali vanno ravvisati, quanto alla
concessione dell’utilizzazione della res da parte del
promittente venditore al promissario acquirente, un comodato e,
quanto alla corresponsione di somme da parte del promissario
acquirente al promittente venditore, un mutuo gratuito”6.
Alla
luce di questa interpretazione, dunque, le prestazioni riconducibili
alla consegna della cosa e al pagamento integrale o parziale del
prezzo non derivano da una anticipazione degli effetti del definitivo
quanto piuttosto da un meccanismo negoziale realizzato dalle parti e
caratterizzato dal collegamento di contratti differenti.
Tale
inquadramento, quindi, consente di ricondurre la consegna della cosa
come l’oggetto di un contratto di comodato e il pagamento del
prezzo (totale o parziale) come l’oggetto di un contratto di mutuo
gratuito.
La
particolare veste giuridica offerta dal giudici di legittimità alla
figura del contratto preliminare ad effetti anticipati consente di
risolvere una ulteriore questione connessa e cioè quella riguardante
la natura della relazione che intercorre tra il promissario
acquirente e il bene consegnato anticipatamente.
Rilevato
al riguardo un contrasto tra i fautori della teoria possessiva e i
sostenitori della teoria detentiva di tale rapporto, la ricostruzione
giuridica operata dai giudici di legittimità che riconduce la
consegna nell’ambito di un contratto di comodato sembra
privilegiare quest’ultima posizione.
5)
Il caso in esame: la problematica relativa ai vizi del bene
consegnato e i rimedi esperibili dal promissario acquirente.
La
vicenda che ci occupa trae origine dalla stipula di un contratto
preliminare di compravendita in relazione ad un immobile consegnato
prima della stipula del definitivo dalla promittente venditrice
(P.P.) ai promissari acquirenti (i coniugi T.L. e B.E.) verso il
pagamento rateale del prezzo da parte di questi ultimi.
Accortisi
che il bene era affetto da vizi (“gravi vizi
del tetto e della struttura in legno della parte superiore del
fabbricato, con conseguenti infiltrazioni anche nella porzione di
fabbricato inferiore in muratura”) i
promissari acquirenti hanno attivato lo strumento di autotutela
previsto all’art. 1460 c.c. nell’ambito dei contratti a
prestazioni corrispettivi.
Tale
strumento consente, in particolare, alla parte adempiente di
rifiutarsi di eseguire la prestazione allorquando l’altra parte non
adempia alla propria7.
Successivamente,
i coniugi hanno citato in giudizio la (promittente) venditrice
instaurando così il procedimento ex art. 2932 c.c. senza presentarsi
alla data prevista per la stipula del rogito notarile.
Anche
P.P. ha convenuto in giudizio i coniugi chiedendo la risoluzione del
predetto contratto preliminare di compravendita per colpa di questi
ultimi.
In
seguito alla riunione delle due cause, il Tribunale di Verona ha dato
ragione a P.P. dichiarando così risolto il contratto preliminare per
essersi i coniugi rifiutati di stipulare il contratto definitivo.
Proposto
appello avverso la sentenza di primo grado da T.L. e B.E., La Corte
di Appello di Venezia, in accoglimento del gravame, ha accertato che
i coniugi hanno legittimamente esercitato la facoltà di recesso e,
per l’effetto, ha condannato l’appellata al pagamento di una
somma di denaro pari al doppio della caparra versata, oltre agli
interessi legali.
Per
la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso P.P. sulla base
di due motivi di diritto.
Il
secondo di questi, di interesse in questa sede, concludeva con il
seguente quesito di diritto: “nell’ambito di un contratto di
compravendita cui non sia seguita la stipulazione del definitivo,
potevano i promittenti compratori coniugi T. opporre legittimamente
l’eccezione di inadempimento senza l’osservanza del termine di
decadenza di cui all’art. 1495 c.c.?”
In
altre parole, la ricorrente ha chiesto ai giudici di legittimità se,
in un caso del genere, il promissario acquirente non sia tenuto a
rispettare la disciplina prevista agli artt. 1491, 1492 e 1495 c.c.
in materia di vizi della cosa compravenduta.
In
particolare, l’art. 1492 c.c. consente al compratore la possibilità
di esercitare, nel rispetto del termine decadenziale previsto
all’art. 1495 c.c. (denuncia dei vizi entro otto giorni dalla
scoperta), la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo8.
La
soluzione negativa offerta dagli ermellini, in linea con altre
pronunce richiamate nella sentenza in commento (v. Cass. civ., n.
10148 del 2004; Cass. civ., n. 3383 del 2007; Cass. civ., n. 477 del
2010), muove dalla considerazione per la quale “in
tema di contratto preliminare, la consegna dell’immobile oggetto
del contratto effettuata prima della stipula del definitivo non
determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi
noti, né comunque quello di prescrizione, perché l’onere della
tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del
diritto”.
Sulla
scorta di queste ragioni, il ricorso di P.P. è stato rigettato.
6)
Considerazioni conclusive.
Giunti
alle battute finali di questo lavoro, si ritiene opportuno
individuare quale sia lo stato dell’arte in materia di contratto
preliminare ad affetti anticipati.
Al
riguardo, la ricostruzione giuridica effettuata dalle Sezioni Unite
del 2008 dell’istituto in esame si pone come un ineludibile punto
di partenza: la figura del contratto preliminare ad effetti
anticipati altro non è che il risultato di una particolare
meccanismo negoziale con il quale le parti regolano e disciplinano un
determinato assetto di interessi (c.d. collegamento negoziale).
Nell’ipotesi
di un contratto preliminare di compravendita di un immobile, le
prestazioni eseguite prima della stipula del definitivo possono così
essere inquadrate: la consegna del bene da parte del promittente
venditore rappresenta l’oggetto di un contratto di comodato mentre
il pagamento (integrale o parziale del prezzo) da parte del
promissario acquirente costituisce l’oggetto di un contratto di
mutuo gratuito.
Partendo
da questi punti fermi, è possibile sciogliere il nodo relativo alla
natura della relazione che si instaura tra il promissario acquirente
e il bene consegnato in anticipo: possesso o detenzione?
La
riconducibilità della consegna nell’ambito di un contratto di
comodato consente di affermare la natura detentiva di tale rapporto.
L’esclusione
di una anticipazione degli effetti traslativi tipici del contratto
definitivo e la richiamata natura detentiva del rapporto instauratosi
tra la parte e la res permettono di focalizzare con precisione quali
siano in concreto le azioni esperibili dal promissario acquirente
qualora il bene sia affetto da vizi.
Innanzitutto
qualora la parte intenda sciogliere il contratto sotto un profilo
funzionale (contratto inteso come rapporto giuridico), la stessa
potrà avvalersi del rimedio classico della risoluzione del contratto
ex art. 1453 c.c. con la possibilità di richiedere il risarcimento
del danno subito.
In
secondo luogo, il promissario acquirente potrà eccepire il rimedio
previsto all’art. 1460 c.c. il quale, rappresentando uno strumento
di autotutela operante nell’ambito dei contratti a prestazioni
corrispettive, consente allo stesso di rifiutarsi, stante
l’inadempimento dell’altra parte, di eseguire la propria
prestazione.
Infine,
nell’ipotesi in cui il promittente venditore si rifiuti di
contrarre il definitivo, l’altra parte può optare per l’esecuzione
in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c., salvo il
risarcimento del danno.
1
Sul punto
v. F.
Gazzoni,
Il
contratto preliminare,
volume XIII, tomo II, Torino, 2002, secondo cui “il
principio del consenso traslativo si affermò anche grazie agli
entusiasmi utopistici del giusnaturalismo groziano, secondo cui
l’imperativo categorico della morale sarebbe stato sufficiente a
garantire l’osservanza dei patti, dimenticando che il diritto ha
il compito di prevenire le liti e di assicurare l’ordine dei
commerci, sul presupposto incontrovertibile che l’uomo tende a non
osservare i patti stessi, pur se liberamente assunti”.
2
Cass. civ., Sez. Un., n.12505 del 2004
3
Cass. civ., Sez.Un. n. 11624 del 2006
4
F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, X ed., Edizioni scientifiche
italiane 2003, p. 856
5
Tale fattispecie negoziale si differenzia sia dal contratto misto
(insieme di elementi propri di tipi contrattuali diversi che
confluiscono in una causa unica) sia dal contratto complesso ( in
tal caso gli elementi non rappresentano un segmento o un frammento
di una tipologia negoziale bensì costituiscono essi stessi
contratti autonomi).
Il contratto collegato si
caratterizza per la presenza di una pluralità di contratti (tra
loro appunto collegati) che, mantenendo la loro causa autonoma,
consentono alle parti di regolamentare i loro interessi.
6
Cass. civ., Sez. Un., n. 7930 del 2008
7
Tale istituto, espresso dal brocardo latino exceptio inadimpleti
contractus, che delinea una ipotesi di autotutela privata, risale al
periodo dei postglossatori (giuristi della metà del secolo XIII) e
trova il suo fondamento nella mancata simultaneità fra prestazione
e controprestazione. La disciplina di cui all’art. 1460 c.c. si
applica anche nel caso in cui il primo contraente non adempia
esattamente (exceptio non rite adimpleti contractus)
8
Tali azioni, rispettivamente denominate redibitoria ed estimatoria,
sono anche definite “edili” poiché si ricollegano ad analoghe
azioni del diritto romani previste negli editti degli aediles
curules
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