Cassazione Civile, Sez. II, 17 ottobre 2013, n. 23591
MASSIMA
Il contratto preliminare
di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo per
la comminatoria di cui all'art. 40, secondo comma, della legge 28 febbraio
1985, n. 47, che, sebbene riferita agli atti di trasferimento con immediata
efficacia reale, si estende al preliminare, con efficacia meramente
obbligatoria, in quanto avente ad oggetto la stipulazione di un contratto
definitivo nullo per contrarietà a norma imperativa.
SENTENZA
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. I signori D.C.V. e M.L., convenivano in giudizio i
sig. Z.G. e Mi.An., dai quali, per il prezzo reale di L. 49.000.000, indicato
nell'atto in L. 19.300.000, avevano acquistato un appartamento sito in
(OMISSIS), per sentir dichiarare la nullità del contratto di compravendita ai
sensi della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, e L. n. 10
del 1977, art. 15, anche per illiceità dell'oggetto.
I venditori avevano dichiarato che l'immobile era
stato realizzato in conformità alle licenze edilizie n. 24/75 e 6/80, pur
essendo stata realizzata una mansarda dal sottotetto non abitabile.
In subordine, gli attori chiedevano l'annullamento del
contratto per errore essenziale, determinato anche da dolo dei venditori, i
quali avevano dichiarato falsamente la legittimità della costruzione.
In ulteriore, subordine chiedevano dichiararsi la
risoluzione del contratto per grave inadempimento dei venditori, i quali
avevano trasferito aliud pro alio.
In ogni caso, veniva chiesta la condanna dei convenuti
alla restituzione del prezzo ed al rimborso delle spese sostenute per
l'acquisto, maggiorati di interessi e rivalutazione, oltre risarcimento dei
danni, da liquidarsi in separato giudizio.
2. I convenuti si costituivano, deducendo: a) di aver
alienato l'immobile nello stato in cui l'avevano a loro volta acquistato da
C.A. e Ma.Di., a loro volta acquistato dalla Altieri Costruzioni s.r.l.; b) la
condonabilità dell'immobile;
e) la coincidenza tra prezzo pagato e dichiarato
nell'atto pubblico.
3. Chiesta ed autorizzata la chiamata in causa in
garanzia dei danti causa, si costituiva il solo A.C., in proprio e quale legale
rappresentante della Altieri Costruzioni s.r.l., eccependo la prescrizione
della domanda e la sanabilità della mansarda ai sensi della legge Regione
Campania n. 15 del 28 novembre 2000.
Rimanevano contumaci i sig.ri C.A. e M. D. (acquirenti
da A. e venditori a Z. - Mi.).
3. Con sentenza dell'1 marzo 2003 il Tribunale di
Benevento rigettava le domande avanzate nei confronti della Altieri Costruzioni
s.r.l., in assenza di alcun rapporto di garanzia, nè proprio nè improprio, non
essendo intervenuto nessun contratto tra detta società ed i chiamanti in causa.
Respingeva la domanda di nullità dell'atto di vendita stipulato dagli attori e
dai convenuti, per essere stata ritualmente indicata la licenza edilizia in
base alla quale era stato costruito il fabbricato, non rilevando ai fini della
validità dell'atto la difformità rispetto alla licenza del bene venduto.
Riteneva, invece, sussistente l'errore, determinante e
comune alle parti, su una qualità essenziale dell'immobile compravenduto. Il
giudice di prime cure, quindi, annullava il contratto e rigettava le domande
risarcitorie in considerazione della buona fede dei venditori e dei loro danti
causa.
4. Avverso la sentenza del Tribunale di Benevento
proponevano appello principale Z.G. e Mi.An. deducendo, per quanto interessa in
questa sede: a) di non aver dichiarato il falso nel contratto di compravendita,
avendo, invece, indicato il titolo di provenienza con le concessioni edilizie
ivi indicate, compreso il rilascio della abitabilità del novembre 1977 a
seguito di accatastamento del bene; b) la condonabilità della mansarda; c) la
prescrizione del diritto degli acquirenti; d) l'errata dichiarata
inammissibilità della domanda di garanzia, qualificabile come garanzia per
evizione.
5. Si costituivano gli appellati D.C.V. e M. L., i
quali proponevano appello incidentale, chiedendo dichiararsi la nullità
dell'atto di compravendita per violazione della L. n. 47 del 1985, art. 15,
nonchè per illiceità della causa e dell'oggetto ed in subordine rigettarsi
l'appello principale.
6. Si costituivano anche gli appellati C.A. e Ma.Di.,
che sollevavano questioni processuali e chiedevano il rigetto dell'impugnazione
principale, nonchè la Altieri Costruzioni s.r.l., che chiedeva il rigetto della
impugnazione principale.
7. La Corte territoriale di Napoli rigettava l'appello
incidentale, ritenendo insussistente sia la nullità L. n. 10 del 1977, ex
art. 15, essendo stato costruito l'intero immobile condominiale in virtù di
licenza edilizia, dovendosi qualificare la trasformazione del sottotetto in
mansarda come "opera difforme da quella consentita", sia la
nullità ex art. 1418 c.c., non essendo illecita la causa del negozio,
essendo illecita l'attività di costruzione in assenza di licenza e non quella
di vendita di manufatto realizzato in violazione di tali norme. La Corte di
merito accoglieva, poi, l'appello principale, rilevando che l'azione degli
acquirenti in primo grado era stata avanzata ex art. 1427 c.c., incombendo
l'onere della prova dell'errore essenziale sulla parte istante, prova non
fornita, dovendosi ritenere essenziale non già l'errore sulla conformità al
progetto edilizio approvato, ma "l'idoneità (del bene, ndr) ad assolvere
alla funzione abitativa per la quale veniva acquistata", qualità questa
sussistente. Di conseguenza, rigettava la domanda di annullamento del contratto
avanzata dagli acquirenti, così dichiarando assorbita l'impugnazione
incidentale C. - Ma..
8. Impugnano tale decisione D.C. - M., che articolano
sei motivi. Resistono con controricorso Z. - Mi. e Altieri Costruzioni srl.
Restano intimati C. - Ma.. La società Altieri e i signori Z. - Mo.
hanno depositato memorie, questi ultimi tardivamente
(udienza 18 giugno - deposito 14 giugno).
MOTIVI DEL RICORSO
1. I motivi del ricorso.
1.1. Col primo motivo viene dedotta "violazione
e/o falsa applicazione della L. n. 10 del 1977, art. 15, e della L.
n. 47 del 1985, artt. 17 e 40".
Ha errato la Corte di Appello a non ritenere applicabili
le norme di cui alla L. n. 10 del 1977, art. 15, ed alla L. n. 47 del
1985, artt. 17 e 40, non potendosi qualificare mera difformità la
realizzazione di un intero appartamento (mansarda), posto che solo questo era
oggetto della compravendita e non tutto l'immobile condominiale, pure eseguito
sulla base di una licenza edilizia.
Viene formulato il seguente quesito: "Il
principio secondo cui la L. n. 10 del 1977, art. 15, e la L. n. 47
del 1985, artt. 17 e 40, sono applicabili alle opere realizzate abusivamente,
e non a quelle realizzate in difformità, va valutato in relazione all'oggetto
della compravendita. Se l'oggetto della compravendita sia costituito da una
singola unità immobiliare realista abusivamente, deve ritenersi che la
compravendita riguarda un immobile abusivo, a nulla rilevando se la restante
parte dell'edificio sia stata realizzata in virtù di regolare licenza
edilità".
1.2 Col secondo motivo viene dedotta la
"violazione e/o falsa applicazione (sotto altro profilo) della L. n.
10 del 1977, art. 15, e della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40".
La Corte di Appello, ritenendo che le norme non erano
applicabili in caso di difformità, ha poi omesso di valutare nel merito le
doglianze oggetto dell'appello incidentale.
In più, le motivazioni addotte dalla Corte d'Appello
risultano censurabili sotto altro aspetto. La L. n. 47 del 1985, per
contrastare il fenomeno dell'abusivismo edilizio, ha sancito la nullità degli
atti di compravendita dei fabbricati abusivi, tanto da prevedere la nullità
anche solo per la mancata indicazione degli estremi della concessione, ove in
effetti esistente. A maggior ragione, quindi, l'atto è nullo se l'immobile è
abusivo e gli estremi della concessione sono fittizi. Ai sensi dell'art. 366
bis c.p.c., viene formulato il seguente quesito di diritto: "La L. n. 47,
artt. 17 e 40, prevedono non solo una nullità formale o testuale legata alla
mancanza delle prescritte indicazioni e sanabile con atto successivo, ma anche
una nullità sostanziale legata alla carenza della licenzia o concessione
edilizia od alla assenza della domanda di concessione in sanatoria e del
versamento della prescritta oblazione. E' nullo l'atto di compravendita di una
unità immobiliare realizzata abusivamente: - se gli estremi della licenza o
concessione edilizia riportati nell'atto non sono veritieri; - se nell'atto
sono stati riportati gli estremi di una licenza edilizia rilasciata per la
realizzazione di altre unità immobiliari; - se la unità immobiliare oggetto di
compravendita è stata realizzata abusivamente dopo i lavori di costruzione del
fabbricato assentito con la licenza o concessione edilizia richiamata
nell'atto".
1.3 Col terzo morivo si deduce: "Violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 112, 329, 342 e 346
c.p.c.. Violazione del giudicato interno".
I venditori, nel proporre appello, non hanno
contestato in alcun modo la parte della sentenza relativa all'annullamento per
errore di fatto essenziale, nè contestando l'esistenza dell'errore, nè
contestando l'essenzialità dell'errore per gli acquirenti, confermando, invece,
che l'errore era comune. Su queste circostanze doveva ritenersi formato il
giudicato interno.
Pertanto, la Corte di Appello non poteva riformare la
sentenza per ragioni completamente diverse da quelle dedotte dagli appellanti e
per di più su un punto che non era stato oggetto di gravame, e su cui si era
consolidato il giudicato.
La sentenza di primo grado, sul punto, non era stata
oggetto di censura, e la Corte di Appello non poteva riformarla, disattendendo
le argomentazioni del Giudice di primo grado.
In più, la Corte di Appello ha ritenuto non provati i
presupposti per l'accoglimento dell'azione di annullamento, in difformità a
quanto statuito dal Giudice di primo grado in un punto della sentenza che non
era stato oggetto di censura.
Viene formulato il seguente quesito di diritto:
"I poteri del Giudice di appello sono delimitati dal contenuto
dell'appello, e dai punti della sentenza oggetto di specifica censura. Il
Giudice di appello può riformare la sentenza anche per ragioni diverse da
quelle dedotte dalle parti; tale principio, tuttavia, non è applicabile quando
la questione sia stata specificamente trattata dal Giudice di primo grado, e il
punto della sentenza non abbia formato oggetto di impugnazione. In tal caso i
poteri del Giudice di appello devono ritenersi limitati dal giudicato interno,
e dall'effetto devolutivo dell'appello (tantum devolutum, quantum appellatum).
Il Giudice di appello non può ritenere non provati fatti accertati nella
sentenza impugnata, quando tale accertamento non sia stato oggetto di
contestazione con i motivi di appello".
1.4 Col quarto motivo si deduce: "Violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1428 e 1431 c.c.". E
proposto in subordine rispetto al terzo motivo, nel caso del suo mancato
accoglimento.
La Corte di Appello ha accolto l'impugnazione,
argomentando che gli attori non avevano provato la "riconoscibilità"
dell'errore.
Tuttavia il requisito della riconoscibilità
dell'errore non è necessario, quando l'errore sia comune ad entrambe le parti.
Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., viene formulato il
seguente quesito di diritto:
"Nell'azione di annullamento del contratto per
errore essenziale il requisito della riconoscibilità dell'errore non è
necessario nell'ipotesi di errore comune ad entrambe le parti".
1.5 Col quinto motivo si deduce: "Violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 1427, 1428, 1429 e 2697
c.c., nonchè dell'art. 115 c.p.c.". E' proposto in subordine rispetto al
terzo motivo, nel caso del suo mancato accoglimento.
La Corte di Appello ha negato che gli appellanti
abbiano provato l'errore essenziale, in quanto "qualità essenziale della
res tradita non era la sua conformità al progetto licenziato, ma la sua
idoneità ad assolvere la funzione abitativa per la quale veniva acquistata e
tale qualità sussisteva. Non hanno invece provato che era per essi determinante
la regolarità amministrativa".
Nel caso di specie, non si tratta di piccole
difformità che non fanno venir meno le possibilità di godimento dell'immobile a
fini abitativi, ma ci si trova in presenza di un immobile realizzato in maniera
completamente abusiva, tanto da dover essere demolito.
La mancanza della qualità essenziale è in re ipsa,
discende dalla circostanza che si è dovuto procedere all'abbattimento
dell'immobile.
Ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., viene formulato il
seguente quesito di diritto: "Qualora venga chiesto l'annullamento per
errore essenziale di un contratto di compravendita di un appartamento destinato
a civile abitazione, deve ritenersi in re ipsa la prova di un errore essenziale
qualora venga dimostrato che l'appartamento sia stato realizzato abusivamente,
tanto da essere oggetto di una ordinanza di demolizione".
1.6 Col sesto motivo viene dedotto il vizio di
"omessa pronuncia".
La Corte di Appello ha ritenuto che gli attori
avrebbero potuto e dovuto proporre azione di risoluzione contrattuale,
potendosi ravvisare la vendita di un aliud pro alio, non avvedendosi che gli
attori, in via subordinata, avevano proposto anche tale domanda. La Corte di
Appello ha omesso di pronunciarsi.
2. Il ricorso è fondato e va accolto quanto ai primi
due assorbenti motivi.
La questione delle conseguenze dell'alienazione di
immobili affetti da irregolarità urbanistiche, non sanate o non sanabili, è
stata finora risolta nella giurisprudenza di questa Corte sul piano
dell'inadempimento. Ad esempio, la sentenza 22 novembre 2012 n. 20714 ha
affermato che, in tema di vendita di immobili, il disposto della L. 28
febbraio 1985, n. 47, art. 40, consentendo la stipulazione, ove risultino
presentata l'istanza di condono edilizio e pagate le prime due rate di
oblazione, esige che la domanda in sanatoria abbia i requisiti minimi per
essere presa in esame dalla P.A. con probabilità di accoglimento. In tal caso
occorre l'indicazione precisa della consistenza degli abusi sanabili,
presupposto di determinazione della somma dovuta a titolo di oblazione, nonchè
la congruità dei relativi versamenti, in difetto delle quali il promittente
venditore è inadempiente e il preliminare di vendita può essere risolto per sua
colpa.
Nello stesso ordine di idee la sentenza 19
dicembre 2006 n. 27129 ha affermato che in caso di preliminare di vendita
di immobile costituisce inadempimento di non scarsa importanza, tale da
giustificare il recesso dal contratto del promittente acquirente e la
restituzione del doppio della caparra versata, il comportamento del promittente
alienante che prometta in vendita un immobile abusivo per il quale non esiste
alcuna possibilità di regolarizzazione.
Ancora più esplicitamente la sentenza 24 marzo
2004 n. 5898 ha affermato che il difetto di regolarità sostanziale del
bene sotto il profilo urbanistico non rileva di per se ai fini della validità
dell'atto di trasferimento, trovando rimedio nella disciplina
dell'inadempimento contrattuale.
In tale ottica è stata esclusa la nullità dei
contratti aventi ad oggetto immobili, nel caso in cui le dichiarazioni previste
dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 o 40, esistano ma non siano
conforme al vero.
La recentissima sentenza 5 luglio 2013 n. 16876,
pur ritenendo interessante la tesi della c.d. nullità sostanziale, ha affermato
che i canoni normativi dell'interpretazione della legge non consentono di
attribuire al testo normativo un significato che prescinda o superi le
espressioni formali in cui si articola e non può non essere considerato il
fatto che i casi di nullità previsti dalla norma indicata sono tassativi e non
estensibili per analogia e la nullità prevista dall'art. 40 in discorso è
costituita unicamente dalla mancata indicazione degli estremi della licenza
edilizia, ovvero dell'inizio della costruzione prima del 1967.
In precedenza la sentenza 7 dicembre 2005 n.
26970 (che cita come conforme la sentenza 24 marzo 2004 n. 5898, che
peraltro si è occupata della nullità prevista dalla L. 28 gennaio 1977, n.
10, art. 15, comma 7) ha affermato che la nullità prevista dagli artt. 17 e 40,
cit., assolve la sua funzione di tutela dell'affidamento sanzionando
specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore
al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le
condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla
regolarità del bene attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e
quella risultante dalla concessione edilizia ovvero dalla domanda di
concessione in sanatoria. Alla rigidità della previsione consegue che, come non
può essere attribuita alcuna efficacia sanante all'esistenza della concessione
o sanatoria che non siano state dichiarate nel contratto di compravendita di un
immobile, così, in presenza della dichiarazione, nessuna invalidità deriva al
contratto dalla concreta difformità della realizzazione edilizia dalla
concessione o dalla sanatoria e, in generale, dal difetto di regolarità
sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche.
Non è ben chiaro il pensiero della sentenza 18
settembre 2009 n. 20258, che, dopo avere espressamente affermato che nessuna
invalidità deriva al contratto dalla difformità della realizzazione edilizia
rispetto alla licenza o alla concessione, e in generale, dal difetto di
regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme
urbanistiche, ha poi aggiunto che la nullità assoluta ai sensi dell'art. 1418
c.c., stabilita dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, riguarda gli atti di
trasferimento immobiliari relativi a costruzioni risultanti non in regola con
la normativa edilizia per mancanza della concessione edilizia ovvero della
concessione in sanatoria e mira ad attrarre nella comminatoria di nullità (o,
trattandosi di giudizio volto ad ottenere una sentenza di trasferimento
coattivo ex art. 2932 c.c., nell'impedimento alla pronuncia sostitutiva
del negozio non concluso) i casi riguardanti immobili costruiti in maniera così
diversa dalla previsione contenuta nella licenza o nella concessione da non
potere essere ricondotti alla stessa.
Ugualmente non è ben chiaro il pensiero della sentenza
5 aprile 2001 n. 5068, la quale, dopo avere premesso che l'art. 40, cit., non
impone anche la verifica della conformità delle opere realizzate al progetto
approvato dalla p.a., poichè il precetto e la relativa sanzione sono stati
previsti esclusivamente per l'ipotesi della mancata indicazione della
concessione edilizia, aggiunge che la norma in esame vuoi evitare l'ipotesi,
agevolmente accettabile anche in sede di stipula, di negoziazione di beni
immobili realizzati senza concessione edilizia; per l'altra ipotesi,
accertabile solo a seguito di verifiche dei competenti organi tecnici della
p.a., l'ordinamento non resta indifferente, reagendo con sanzioni di diversa
natura e solo quando, essendo stata accertata già la difformità, nell'atto
concernente il bene realizzato in difformità non siano stati indicati ai sensi
dello stesso art. 40, comma 2, gli estremi della concessione in sanatoria,
anche con la sanzione di nullità. Lo stesso può dirsi per la sentenza 15
giugno 2000 n. 8147, per la quale l'indicazione degli estremi della concessione
sarebbe preclusa nel caso in cui tale concessione manchi: per tale via
l'irregolarità dell'immobile, finisce per riflettersi sulla validità del
negozio giuridico che lo riguarda. In definitiva l'irregolarità del bene non
rileva di per sè, ma solo in quanto preclude la conferma dell'atto.
Si può, infatti, osservare che, da un lato, l'irregolarità
urbanistica del bene non impedisce che nell'atto di alienazione ne venga
attestata, contrariamente al vero, la regolarità, e che, dall'altro,
nell'ottica della nullità formale, la irregolarità urbanistica del bene non
impedisce la conferma dell'atto nullo per la mancata indicazione degli estremi
della concessione attraverso la successiva loro falsa indicazione.
Riesaminata la questione, ritiene il collegio che tali
contratti siano da considerare nulli.
Tale conclusione appare giustificata da considerazioni
sia logiche che basate sulla stessa formulazione dell'art. 40, della legge
citata.
Sotto il primo profilo occorre considerare che se lo
scopo perseguito dal legislatore era quello di rendere incommerciabili gli
immobili non in regola dal punto di vista urbanistico, sarebbe del tutto in
contrasto con tale finalità la previsione della nullità degli atti di
trasferimento di immobili regolari dal punto di vista urbanistico o per i quali
è in corso la pratica per la loro regolarizzazione per motivi meramente
formali, consentendo, invece, il valido trasferimento di immobili non regolari,
lasciando eventualmente alle parti interessate assumere l'iniziativa sul piano
dell'inadempimento contrattuale. Addirittura si potrebbe prospettare la
possibilità per le parti di eludere consensualmente lo scopo perseguito dal
legislatore, stipulando il contratto e poi immediatamente dopo concludendo una
transazione con la quale il compratore rinunzi al diritto a far valere
l'inadempimento della controparte.
Sempre sotto il primo profilo non si può non
considerare che il legislatore, con la L. n. 47 del 1985, ha inteso
prevedere un regime più severo di quello previsto dalla L. n. 10 del 1977,
art. 15, il quale prevedeva la nullità degli atti giuridici aventi per oggetto
unità edilizie costruite in assenza di concessione, ove da essi non risultasse
che l'acquirente era a conoscenza della mancata concessione. Tale inasprimento,
invece, sarebbe da escludere ove, per gli atti in questione, all'acquirente
dovesse essere riconosciuta la sola tutela prevista per l'inadempimento.
Per quanto riguarda la lettera della legge, poi,
la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, stabilisce testualmente che
"Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali... relativi ad edifici
o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano,
per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione
ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31
ovvero se agli stesi non viene allegata la copia per il richiedente della
relativa domanda, munita degli estremi della avvenuta presentazione, ovvero
copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima e non siano
indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione".
La non perfetta formulazione della disposizione in
questione consente tuttavia di affermare che dalla stessa è desumibile il
principio generale della nullità (di carattere sostanziale) degli atti di
trasferimento di immobili non in regola con la normativa urbanistica, cui si
aggiunte una nullità (di carattere formale) per gli atti di trasferimento di
immobili in regola con la normativa urbanistica o per i quali è in corso la
regolarizzazione, ove tali circostanze non risultino dagli atti stessi.
Significativa appare, poi, la formulazione dell'art. 40, comma 3, cit., in base
al quale se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti rispettivamente da
indicarsi o da allegarsi (ai sensi del comma precedente) non sia dipesa
dall'insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della
domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono
stati stipulate... essi possono essere confermati anche da una sola delle parti
mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che
contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione
sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicata nel comma
precedente.
La previsione che la conferma, la quale sottrae alla
sanzione della nullità, può operare solo se la mancanza delle dichiarazioni o
dei documenti contemplati non sia dipesa dall'insussistenza della licenza o
della concessione o dall'inesistenza della domanda di concessione in sanatoria
al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, non avrebbe senso se
tali atti fossero ab origine validi, ferma restando la responsabilità per
inadempimento del venditore.
Una volta chiarito tale punto, non può non pervenirsi
all'affermazione della nullità di un contratto preliminare che abbia ad oggetto
la vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico.
Il fatto che l'art. 40, comma 2, cit., faccia
riferimento agli atti di trasferimento, cioè agli atti che hanno una efficacia
reale immediata, mentre il contratto preliminare di cui si discute abbia
efficacia semplicemente obbligatoria non elimina dal punto di vista logico che
non può essere valido il contratto preliminare il quale abbia ad oggetto la
stipulazione di un contratto nullo per contrarietà alla legge.
3. I motivi da 3 a 6 restano assorbiti.
4. Il ricorso va accolto, il provvedimento impugnato
cassato in relazione ai motivi accolti, e la causa va rimessa per nuovo esame
ad altro giudice del merito pari ordinato, indicato in dispositivo, che si
atterrà al principio di diritto affermato, secondo il quale deve ritenersi
nullo, per contrarietà alla legge, il contratto preliminare di vendita di un
immobile irregolare dal punto di vista urbanistico. Al giudice del rinvio è
anche demandato, ex art. 385 cpc, di pronunziare sulle spese del giudizio
di legittimità.
P.T.M.
La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso,
assorbiti gli altri;
cassa in relazione e rinvia ad altra sezione della
Corte di appello di Napoli, anche per le spese.
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