di Alessandra
Scaglione
Cassazione civile,
sez. III, 11 maggio 2012, n. 7256
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Nella sentenza in commento la Suprema Corte torna sulla
questione della risarcibilità, o meno, ai sensi dell’art. 2059 c.c., del danno
non patrimoniale da vacanza rovinata.
In merito a tale problematica la Cassazione afferma che il
danno non patrimoniale da vacanza rovinata è risarcibile ex art. 2059 cod.
civ., che, secondo l'interpretazione della giurisprudenza di legittimità,
stante il carattere tipico della tutela di interessi non connotati da rilevanza
economica, necessita di una fonte normativa ordinaria espressa, o del
fondamento costituzionale, in riferimento ai diritti inviolabili della persona
(art. 2 Cost., 4, 13, 29, 30), e al diritto alla salute (art. 32 Cost.), o di
una fonte comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario su
quello interno.
Si riporta di seguito il testo
della sentenza:
“
FATTO
Alessandra e Danilo convenivano in giudizio la Karisma s.r.l. la Eurosci Mare viaggi srl, chiedendo la condanna in
solido dei danni subiti per servizi non goduti e per somme sborsate durante il
viaggio, compreso il danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, in relazione
al viaggio di nozze, con destinazione New York e tappa di rientro a Oslo ,
organizzato, nel luglio 2003, dalla Eurosci, cui si erano rivolti, attraverso
il Tour operator Karisma.
Il Giudice di Pace di Roma condannava Karisma al pagamento della somma di Euro 738,00, oltre accessori e spese processuali.
Il Giudice di Pace di Roma condannava Karisma al pagamento della somma di Euro 738,00, oltre accessori e spese processuali.
2. Decidendo
l'appello principale proposto dalla Karisma e l'appello incidentale proposto
dai coniugi Z. , il Tribunale di Roma, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, condannava, in solido, la Karisma e la Eurosci al pagamento in favore dei coniugi della
somma di Euro 697,00, oltre accessori (sentenza del 28 dicembre 2009).
3. Avverso
la suddetta sentenza, i coniugi Z. propongono ricorso principale, con quattro
motivi, illustrati da memoria.
Karisma
resiste con controricorso e propone controricorso incidentale con tre motivi,
illustrati da memoria.
La Eurosci non svolge difese.
La Eurosci non svolge difese.
Motivi della decisione
1. La decisione ha per oggetto i ricorsi riuniti
proposti avverso la stessa sentenza.
2. Si esaminano prima i motivi, di entrambi i
ricorsi, che concernono il danno patrimoniale.
2.1. I primi due motivi e il primo profilo del
terzo motivo del ricorso principale, con i quali si denunciano vizi motivazionali,
censurano la sentenza nella parte che concerne il riconoscimento del danno
patrimoniale, prospettandone l'erroneità per non aver riconosciuto un importo
maggiore.
Con il primo si deduce violazione degli artt.
214 e 215 cod. proc. civ. e omessa motivazione, in riferimento alla parte della
sentenza che concerne il danno patrimoniale per il soggiorno a (OMISSIS), e si
fondano le argomentazioni su un vaucher corretto a penna e su una somma
aggiuntiva versata per un bungalow overwater.
Con il secondo si deducono, tutti i vizi
motivazionali, censurando la sentenza nella parte in cui ha calcolato il danno
patrimoniale subito considerando il prezzo per stanza e non per persona, al
fine di calcolare le differenze tra stanza prenotata e stanza di pernottamento.
2.1.1. Entrambi i motivi sono inammissibili per
difetto di autosufficienza, non essendo riprodotti nel ricorso i contenuti dei
documenti richiamati e sui quali si fondano le censure. Documenti, che non sono
neanche indicati (se si esclude il riferimento alla produzione nel fascicolo
della Karisma del catalogo viaggi a pag. 15), ai sensi dell'art. 366, primo
comma, n. 6, cod. proc. civ., novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006. (Cass. Sez.
Un. 25 marzo 2010, n. 7161).
2.2. Con il primo profilo del terzo motivo del
ricorso principale, si deducono tutti i vizi motivazionali (art. 360 n. 5 cod.
proc. civ.) in riferimento alla parte della sentenza che ha detratto Euro 51
dal danno patrimoniale, rispetto al soggiorno a (OMISSIS) . Nella esplicazione
si argomenta nel senso della ultra petizione, non essendo stato contestato tale
soggiorno dalla Karisma, e nel senso dell'omessa valutazione della
documentazione prodotta dai ricorrenti in primo grado.
2.2.1. Il profilo è inammissibile.
Si deduce come vizio di motivazione una
violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., e, quindi un error in procedendo, in
contrasto con il principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità,
secondo cui tale vizio è deducibile solamente in riferimento all'art. 360. n. 4
cod. proc. civ. Infatti, la questione processuale può porsi in riferimento: ad
un'erronea interpretazione della norma processuale in astratto; alla sua omessa
applicazione alla vicenda processuale cui doveva essere applicata; alla erronea
sussunzione di un fatto processuale sotto di essa pur esattamente interpretata
in astratto; ad una ricostruzione del fatto processuale erronea e, quindi, al
conseguente errore di sussunzione di esso sotto la norma processuale. Ma,
ognuna di queste ipotesi non è riconducibile all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
perché questo attiene alla ricostruzione della c.d. quaestio facti e perché la Corte di cassazione è
giudice del fatto processuale nella sua interezza e non con le limitazioni
indicate nel n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. (in motivazione, Cass. 23
febbraio 2009 n. 4329).
D'altra parte, la giurisprudenza di legittimità
è consolidata nell'escludere un autonomo rilievo al n. 5 dell'art. 360 cod.
proc. civ. in riferimento alla violazione della giurisdizione e, quindi, di una
norma del procedimento (da ultimo Sez. Un. 20 novembre 2007 n. 24009, a partire da Sez.
Un. 14 ottobre 1977, n. 4369) e si è più volte pronunciata univocamente nel
senso di escludere la deducibilità della violazione dell'art. 112 cod. proc.
civ. come vizio di motivazione (Cass. 17 gennaio 2003, n. 604).
2.2.1.1. L'inammissibilità della censura di
ultrapetizione, logicamente preliminare, assorbe quella di omessa valutazione
di documentazione. Comunque, questa sarebbe stata inammissibile per difetto di
autosufficienza, rispetto ai documenti non considerati dal giudice, che il
ricorrente si limita a indicare come prodotti nel fascicolo di primo grado,
senza alcuna riproduzione del contenuto.
2.3. Il primo motivo del ricorso incidentale,
con il quale si deduce violazione dell'art. 14 del d.lgs. 17 marzo 1995, n.
111, dell'art. 18, secondo comma della legge 27 dicembre 1977, n. 1084, oltre
che erroneità della motivazione, censura la sentenza nella parte in cui ha
condannato in solido la
Karisma per il pernottamento aggiuntivo a Los Angeles (pari a
Euro 90), deducendo l'esclusiva responsabilità dell'agenzia di viaggi Eurosci
per il volo intercontinentale con tappa a Los Angeles, che aveva dovuto
prolungarsi di un giorno a causa dell'errore nell'indicazione della data di
rientro.
Secondo la controricorrente incidentale, stante
l'applicabilità della normativa suddetta, con conseguente responsabilità
separata di organizzatore e venditore, la responsabilità sarebbe unicamente
attribuibile alla Eurosci, avendo la
Karisma venduto solo i servizi a terra, come risulterebbe:
dalla documentazione allegata dai ricorrenti dinanzi al giudice di pace; dalla
testimonianza di una ex dipendente della Eurosci.
2.3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di
autosufficienza. Non sono riprodotti nel ricorso i contenuti dei documenti
richiamati, sui quali si fondano le censure, che sono solo indicati come
allegati nella citazione introduttiva nel giudizio di primo grado. Quanto alla
testimonianza assunta come rilevante, è solo parzialmente riprodotta ed è solo
indicato il verbale di udienza. Difetta, pertanto, l'autosufficienza e la
specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366, n. 6, cod. proc.
civ., degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli
stessi (Cass. Sez. Un. 25 marzo 2010, n. 7161; Cass. Sez. Un. 3 novembre 2011).
3. I motivi che seguono concernono il danno non
patrimoniale.
3.1. Il Tribunale ha confermato il
riconoscimento del danno non patrimoniale sulla base delle seguenti
argomentazioni: “ritiene condivisibile il calcolo equitativo del danno non
patrimoniale alla luce della mancanza di specifica prospettazione e prova di
voci ulteriori di danno non patrimoniale e del ricorso a criteri quali la non
eccessiva differenza di tipologia tra le stanze in cui i consumatori sono stati
alloggiati e quelle prenotate”.
3.2. Con il secondo motivo del ricorso
incidentale, logicamente preliminare, si censura l'avvenuta liquidazione del
danno non patrimoniale, deducendo violazione degli artt. 2697 e 2059 cod. civ.
e 115 cod. proc. civ. La violazione delle suddette norme è dedotta sotto tre
profili.
a) Perché il danno non patrimoniale da vacanza
rovinata non rientra nella tutela assicurata dall'art. 2059 cod. civ., come
interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, escluse le
sottocategorie enucleate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, ne ha
riconosciuto la risarcibilità, oltre che ai sensi dell'art. 185 cod. pen., solo
in presenza di interessi inerenti la persona, costituzionalmente tutelati o
normativamente garantiti. Mentre, l'interesse a un viaggio di piacere, anche
quando è viaggio di nozze, non può ricondursi all'art. 32 Cost., né all'art. 2
Cost., anche considerando che la sentenza delle Sez. Un. n. 26972 del 2008 ha escluso la
risarcibilità di pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie e
la possibilità di invocare diritti immaginari quali la qualità della vita, lo
stato di benessere, la serenità; nonché considerando il rilievo dato dalla
stessa giurisprudenza alla gravità dell'offesa, anche in riferimento a diritti
costituzionali.
b) Perché, sempre alla luce della suddetta
giurisprudenza, il danno deve essere allegato e provato, anche nel caso si
faccia ricorso alla prova presuntiva; mentre, nella specie, il danno è stato
ritenuto in re ipsa, mancando qualunque prova sull'incidenza dell'inadempimento
sulla sfera esistenziale e biologica.
c) Perché, liquidando Euro 500,00 a fronte di un
danno patrimoniale pari a Euro 197, non ha applicato la prassi di quantificare
il danno non patrimoniale in misura non inferiore a 1/4, e non superiore a 1/2
del danno patrimoniale.
In conclusione, chiede il rigetto della domanda
o l'adeguamento alla misura del 50%.
Il motivo va rigettato.
3.2.1. La questione centrale all'attenzione
della Corte è se, nell'ipotesi di inadempimento o inesatta esecuzione del
contratto rientrante nella disciplina che regola, in adempimento della
direttiva n. 90/314/CEE, i “pacchetti turistici” (contenuta nel d.lgs. n. 111
del 1995, rilevante ratione temporis, poi riprodotta, senza modificazioni, per
la parte di interesse, nel d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, “Codice di
consumo”), il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, in senso stretto,
quale pregiudizio conseguente alla lesione dell'interesse del turista di godere
pienamente del viaggio organizzato come occasione di piacere e di riposo, e
quindi, quando non vengano in rilievo lesioni all'integrità psicofisica
tutelate dall'art. 32 Cost., sia risarcibile, ex art. 2059 cod. civ., che,
secondo l'interpretazione della giurisprudenza di legittimità, stante il
carattere tipico della tutela di interessi non connotati da rilevanza
economica, necessita di una fonte normativa ordinaria espressa, o del
fondamento costituzionale, in riferimento ai diritti inviolabili della persona
(art. 2 Cost., 4, 13, 29, 30), e al diritto alla salute (art. 32 Cost.), o di
una fonte comunitaria, in ragione della prevalenza del diritto comunitario su
quello interno (Sez. Un. 11 novembre 2008, n. 26972).
3.2.1.1. Al quesito va data risposta positiva.
La
Corte ha già ritenuto la legittimità di tale danno non
patrimoniale.
Nel rigettare il ricorso avverso sentenza che
l'aveva riconosciuto, ne ha individuato il fondamento, “non nella generale
previsione dell'art. 2 Cost., ma proprio nella cosiddetta vacanza rovinata
(come legislativamente disciplinata)” (Cass. 4 marzo 2010, n. 5189). Da ultimo
(Cass. 20 marzo 2012, n. 4372) ha cassato una decisione che lo aveva negato,
affermando che la risarcibilità di tale danno “è prevista dalla legge, oltre
che costantemente predicata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia
Europea”. In effetti, la legislazione di settore concernente i “pacchetti
turistici”, emanata in attuazione della normativa comunitaria di tutela del
consumatore, nell'ambito dell'obiettivo dell'avvicinamento delle legislazioni
degli Stati membri della Comunità Europea, come interpretata dalla Corte di
Giustizia CE, ha reso rilevante l'interesse del turista al pieno godimento del
viaggio organizzato, come occasione di piacere o riposo, prevedendo il
risarcimento dei pregiudizi non patrimoniali (disagio psicofisico che si
accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza
programmata) subiti per effetto dell'inadempimento contrattuale. La Corte di Giustizia, già nel
2002 (sentenza 12 marzo 2002, n. 168), pronunciandosi in via pregiudiziale
sull'interpretazione dell'art. 5 della direttiva n. 90/314/CEE, ha affermato
che il suddetto articolo “deve essere interpretato nel senso che in linea di
principio il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante
dall'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in
occasione di un viaggio tutto compreso”, mettendo in evidenza che nel settore dei
viaggi turistici si segnalano spesso “danni diversi da quelli corporali”, “al
di là dell'indennizzo delle sofferenze fisiche” e che “tutti gli ordinamenti
giuridici moderni [riconoscono]..un'importanza sempre maggiore alle vacanze”.
Alla luce di tale pronuncia, la dottrina e la
giurisprudenza di merito, hanno letto le espressioni generiche contenute nel
d.lgs. n. Ili del 1995 (artt. 13 e 14) come comprensive anche del danno non
patrimoniale. Oggi, in una visione d'insieme, il Codice del turismo (d.lgs. 23 maggio
2011, n. 79, emanato in attuazione della direttiva 2008/122/CE,), non
applicabile nella specie, prevede espressamente (art. 47) il danno da vacanza
rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni
che formano oggetto del pacchetto turistico. In particolare, si prevede che,
qualora l'inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell'art. 1455
del codice civile, il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla
risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di
vacanza inutilmente trascorso ed all'irripetibilità dell'occasione perduta”.
3.2.2. Questione collegata - emergente dal
richiamo, nel motivo di ricorso, alla gravità dell'offesa e alla esclusione
della risarcibilità di diritti immaginari in riferimento ai diritti inviolabili
della persona, secondo la richiamata decisione delle Sez. Un., n. 26972 del
2008 - sul presupposto che, in ipotesi di inadempimento integrante la
risoluzione del contratto la gravità della lesione è implicita, è se, nel caso
di inesatta esecuzione del contratto, la lesione dell'interesse alla vacanza
contrattualmente pattuita, che trova riconoscimento nella disciplina normativa
del pacchetto turistico, posta a tutela del consumatore, debba o meno avere il
carattere della gravità, nel senso che l'offesa di tale interesse, per essere
risarcibile, debba superare una soglia minima di tollerabilità. In linea di
principio, a stretto rigore normativo, la risposta non può non essere negativa.
Limiti non emergono né dalla lettera normativa, né dall'interpretazione
fornitane dalla Cotte di Giustizia. Tuttavia, ritiene il Collegio, che limiti
discendano, anche in questo caso, sia pure con caratterizzazione diversa,
sempre dall'art. 2 Cost..
In riferimento ai diritti inviolabili della
persona, la necessità della gravità della lesione dell'interesse, che per
essere risarcibile deve superare una soglia minima di tollerabilità, trova
fondamento nel dovere di solidarietà, di cui all'art. 2 Cost., che impone a
ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale
inevitabilmente scaturenti dalla convivenza (Sez. Un. n. 26972 del 2008), e,
quindi, in riferimento al rapporto tra singolo individuo e singoli, ma
indifferenziati, individui componenti la società civile.
In riferimento al diritto alla vacanza
contrattualmente pattuita, invece, la necessità della gravità della lesione
dell'interesse e il superamento di una soglia minima di tollerabilità, trova
fondamento nella sempre più accentuata valorizzazione della regola di
correttezza e buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta,
che (secondo gli orientamenti attuali di dottrina e giurisprudenza, es. Sez.
Un. 15 novembre 2007, n. 23726), accompagna il contratto in ogni sua fase;
regola specificativa - nel contesto del rapporto obbligatorio tra soggetti
determinati - degli inderogabili doveri di solidarietà, di cui all'art. 2
Cost., e la cui violazione può essere indice rivelatore dell'abuso del diritto,
nella elaborazione teorica e giurisprudenziale.
La richiesta di risarcimento di danni non
patrimoniali per disagi e fastidi da qualificarsi minimi, avuto presente la
causa in concreto del contratto, contrasterebbe con i principi di correttezza e
buona fede e di contemperamento dei contrapposti interessi contrattualmente
pattuiti, e costituirebbe un abuso, in danno del debitore, della tutela
accordata al consumatore/creditore. In mancanza di delimitazioni normative,
spetta al giudice del merito - salvo il controllo di legittimità in ordine alla
logicità della motivazione - individuare il superamento o meno di tale soglia,
avuto riguardo alla causa in concreto - costituita dalla “finalità turistica”,
che qualifica il contratto “determinando l'essenzialità di tutte le attività e
dei servizi strumentali alla realizzazione del preminente scopo vacanziero”
(Cass. 24 luglio 2007, n. 16315) - emergente dal complessivo assetto
contrattuale, e considerando l'autonoma valutabilità dell'interesse allo svago
e riposo rispetto al danno patrimoniale subito, atteso che il primo, a seconda
del peso della prestazione contrattuale non adempiuta, può ben superare il
secondo e non può appiattirsi su questo.
Nella specie, il giudizio sul superamento della
soglia minima di lesione è implicito nella sentenza di merito, in considerazione
della irripetibilità della vicenda trattata (viaggio di nozze).
Al profilo in argomento si collega la censura
(p.3.1. sub c), con il quale si lamenta il mancato utilizzo di un criterio
equitativo di calcolo seguito dalla giurisprudenza, che quantifica il danno
morale come frazione del danno patrimoniale.
A prescindere dalla recente messa in discussione
di tale criterio - nell'ambito dello stesso danno non patrimoniale, in rapporto
al danno biologico (Cass. 16 febbraio 2012f n. 2228) - nella specie tale censura non
è conferente, in considerazione di quanto si è appena detto in ordine alla
necessaria autonoma valutazione del danno morale che, in rapporto al caso
concreto, può superare lo stretto danno patrimoniale. 3.2.3. Infine, ulteriore
questione posta dal ricorso (p.3.2. sub b), attiene alla allegazione e prova
del danno non patrimoniate da vacanza rovinata, essendo la sentenza censurata
per aver fatto coincidere la prova del danno non patrimoniale da vacanza
rovinata con la prova dei disagi sopportati dai turisti a causa
dell'inadempimento contrattuale. Si tratta di stabilire se, provato
l'inadempimento del contratto di pacchetto turistico e allegato di avere subito
un danno non patrimoniale da vacanza rovinata in senso stretto -come disagio
psicofisico che si accompagna alla mancata realizzazione in tutto o in parte
della vacanza programmata, con l'esclusione, quindi, di danni psicofisici e/o
alla vita di relazione - siano necessarie o meno ulteriori prove per ottenere
il risarcimento del danno non patrimoniale. La risposta è negativa.
La stessa si ricava dalla interazione dei
principi consolidati, in tema di onere della prova dell'inadempimento
contrattuale e in tema di danno-conseguenza del risarcimento, con la
peculiarità del contratto di pacchetto turistico, la cui causa è connotata
dall'esclusivo perseguimento di interessi non patrimoniali, al contrario della
generalità dei contratti, nei quali interessi non patrimoniali possono solo
essere inseriti.
Se, quando il danno non patrimoniate scaturisce
da inadempimento contrattuale, il risarcimento è regolato dalle norme dettate
in materia, e quindi, dagli artt. 1218, 1223, 1225 cod. civ., e valgono le
specifiche regole del settore circa l'onere della prova, come specificate da
Sez. Un. 30 ottobre 2001, n. 13533 (Sez. Un. n. 26972 del 2008, p.4.7.). Se, in
base al principio affermato in quest'ultima decisione richiamata, il creditore,
sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del
danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto,
mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte e sarà il
debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto,
costituito dall'avvenuto adempimento. Se, nell'ipotesi di inesatto adempimento
grava sempre sul debitore l'onere di dimostrare l'avvenuto esatto adempimento.
Se il danno-conseguenza deve essere allegato e
provato e, per i pregiudizi non patrimoniali attinenti a un bene immateriale,
la prova presuntiva è destinata ad assumere particolare rilievo e potrà
costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice,
a condizione che il danneggiato alleghi tutti gli elementi idonei a fornire la
serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto
(Sez. Un. n. 26972 del 2008, p.4.10).
Ne consegue che, in tema di danno non
patrimoniale 'da vacanza rovinata', inteso come disagio psicofisico conseguente
alla mancata realizzazione in tutto o in parte della vacanza programmata, la
raggiunta prova dell'inadempimento esaurisce in sé la prova anche del
verificarsi del danno, atteso che gli stati psichici interiori dell'attore, per
un verso, non possono formare oggetto di prova diretta e, per altro verso, sono
desumibili dalla mancata realizzazione della 'finalità turistica' (che
qualifica il contratto) e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle
diverse attività e dei diversi servizi, in ragione della loro essenzialità alla
realizzazione dello scopo vacanziero.
3.3. Il secondo profilo del terzo motivo del
ricorso principale censura la sentenza nella parte in cui, confermando la
sentenza di primo grado, ha quantificato il danno non patrimoniale in Euro
500,00, e deduce tutti i vizi motivazionali, al fine di sostenere un maggior
danno. In particolare, si censura la sentenza di merito per non aver
considerato la gravità del soggiorno in un isolotto sperduto, piuttosto che
sull'atollo di (OMISSIS), non godendo di bellezze uniche al mondo e per non
aver considerato che il costo delle camere avrebbe dovuto intendersi per
persona e non per unità abitativa.
3.3.1. Tale profilo resta assorbito dalla
dichiarazione di inammissibilità del primo e secondo motivo del ricorso
principale. Infatti, si fonda la pretesa di maggior danno non patrimoniale su
diminuzioni patrimoniali (quali il prezzo della camera per (OMISSIS)), non
riconosciute dal giudice del merito, e rispetto alle quali il ricorso proposto
è stato dichiarato inammissibile.
4. Resta da esaminare il motivo del ricorso
principale che concerne le spese. Con il quarto motivo si censura la sentenza
(art. 92 cod. proc. civ. e omessa motivazione) nella parte in cui compensa tra
le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio sulla base della soccombenza
parziale reciproca.
4.1. Il motivo è manifestamente infondato,
sussistendo la soccombenza reciproca ritenuta dalla sentenza impugnata. In
primo grado la domanda dei danneggiati è stata parzialmente accolta. In secondo
grado sono stati in parte accolti, sia l'appello principale, sia l'appello
incidentale. Pertanto, il giudice ha fatto corretta applicazione del principio
consolidato nella giurisprudenza della Corte, secondo cui La nozione di
soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le
parti delle spese processuali (art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.),
sottende - anche in relazione al principio di causalità - una pluralità di
domande contrapposte, accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel
medesimo processo fra le stesse parti, ovvero anche l'accoglimento parziale
dell'unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e
ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero quando la
parzialità dell'accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda
articolata in un unico capo. (da ultimo, Cass. 21 ottobre 2009, n. 22381).
5.
In conclusione, entrambi i ricorsi vanno rigettati. In
ragione della reciproca soccombenza sono compensate le spese processuali del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il
ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese
processuali del giudizio di cassazione.”
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