SOLUZIONE
PARERE SUL DANNO
ALLA SALUTE E DANNO DA VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI INFORMAZIONE DEL PAZIENTE.
Cassazione civile, sez. III, 13.02.2015, n. 2854
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 19/1/2012 la Corte d'Appello di Brescia
ha respinto il gravame interposto dal sig. O.E. nei confronti della pronunzia
Trib. Brescia n. 3893/05, di parziale accoglimento della domanda proposta nei
confronti della Casa di Cura S. Anna e del sig. F.G. di risarcimento dei danni
subiti in conseguenza di intervento chirurgico in artroscopia al ginocchio
sinistro da quest'ultimo nella sua qualità di medico effettuatogli presso la
predetta struttura sanitaria in data (OMISSIS).
All'esito di tale intervento l' O. deduceva di essere
stato infatti costretto ad un secondo intervento in artroscopia in data
(OMISSIS), nonchè a successivi periodi di degenza, anche domiciliare, visite e
terapie, con quadro clinico che era andato ciononostante sempre più peggiorando,
con "comparsa di tumefazione, dolore ed impotenza funzionale oltre che del
ginocchio sinistro anche della caviglia destra e del gomito sinistro".
A fronte "di siffatto protrarsi ed aggravarsi dello
stato patologico" il (OMISSIS) si era reso necessario il ricovero
"presso il 2^ reparto di medicina generale degli Spedali Civili Di
(OMISSIS) con la diagnosi di poliartrite gottosa e febbre, ove era stato
"sottoposto ad intensa terapia antibiotica ed antinfiammatoria, ed a
ripetute incisioni chirurgiche delle tre articolazioni tumefatte", per
essere quindi trasferito presso l'Istituto Codavilla Putti di (OMISSIS), ove
era rimasto degente fino al (OMISSIS).
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l'
O. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da
memoria.
Resistono con separati controricorsi il F., l'Istituto
Clinico S. Anna s.p.a. (già Casa di Cura S. Anna s.p.a. ), la società Aviva
Italia s.p.a. (già Commerciai Union Italia s.p.a., incorporante per fusione la
società Norwich Union Assicurazioni s.p.a. ), la Pohjola Non-Life Insurance
Company Ltd., che hanno tutti presentato anche memoria.
L'altra intimata non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1^ motivo
il ricorrente denunzia violazione dell'art. 100 c.p.c., in riferimento all'art.
360 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè "insufficiente, illogica e
contraddittoria" motivazione su punto decisivo della controversia, in
riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito abbia rigettato per
carenza di interesse la censura mossa alla sentenza del giudice di prime cure
in ordine ai profili di colpa del F., pur essendo stato invero ritenuto
"inappropriato e rischioso" (soffrendo egli di gotta) l'intervento in
artroscopia dal medesimo effettuatogli, erroneamente ritenendo
"l'irrilevanza dello stabilire se la scelta chirurgica operata dal
convenuto fosse o meno giustificata ed opportuna", nonchè erroneamente
affermando doversi "ritenere assorbente di ogni altro aspetto della sua
responsabilità il fatto della mancata acquisizione del consenso informato del
paziente".
Lamenta che l'"illogicità della tesi e della
correlativa reiezione del motivo di appello" emerge laddove "secondo
la Corte territoriale l'interesse al riconoscimento formale di altri profili di
colpa medica oltre a quello della mancanza del consenso informato sussisterebbe
nella specie solo per le eventuali scorrette modalità di esecuzione dell'atto
operatorio o per la inappropriata strumentazione utilizzata o per la inadeguata
assistenza predisposta dalla clinica.... Ma non sussiste invece per il
riconoscimento della inopportunità della scelta dell'intervento chirurgico in
quanto il danno non può ritenersi collegato a detta scelta e quindi non
sussiste interesse a che detta inopportunità sia oggetto di espresso
riconoscimento, di una formale pronuncia".
Con il 2 motivo il ricorrente denunzia violazione
dell'art. 115 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nonchè
"insufficiente e contraddittoria" motivazione su punti decisivi della
controversia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito abbia erroneamente
escluso che lo stato di malattia sia proseguito ininterrottamente dal primo
intervento in artroscopia fino alla fine della degenza a (OMISSIS),
erroneamente valutando le emergenze processuali e pur non essendo state le
circostanze contestate da controparte.
Con il 3^ motivo denunzia "omessa, insufficiente,
illogica, contraddittoria" motivazione su punti decisivi della
controversia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito abbia acriticamente
aderito, oltretutto travisandole, alle conclusioni del CTU. Con il 4^ motivo
denunzia violazione dell'art. 100 c.p.c., in riferimento all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 4; nonchè "insufficiente e contraddittoria" motivazione
su punti decisivi della controversia, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma
1, n. 5.
Si duole che la corte di merito non abbia tenuto conto
delle visite domiciliari effettuate dal F. in epoca successiva all'intervento
operatorio de quo, le quali "hanno comportato la prosecuzione della
relazione terapeutica tra medico e paziente e hanno fatto del dr. F.... il
titolare di una posizione di garanzia nei confronti dell'attore anche nel tempo
successivo alla dimissione".
Il 1 motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito
indicati.
Va anzitutto osservato che come questa Corte ha già avuto
modo di affermare, l'obbligo del consenso informato costituisce legittimazione
e fondamento del trattamento sanitario senza il quale l'intervento del medico è
- al di fuori dei casi di trattamento sanitario per legge obbligatorio o in cui
ricorra uno stato di necessità - sicuramente illecito, anche - quando è
nell'interesse del paziente (v. Cass., 16/10/2007, n. 21748).
Ai sensi dell'art. 32 Cost., comma 2, (in base al quale
nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge), dell'art. 13 Cost. (che garantisce l'inviolabilità
della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della
propria salute e della propria integrità fisica) e della L. n. 833 del 1978,
art. 33, (che esclude la possibilità d'accertamenti e di trattamenti sanitari
contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non
ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.), esso è a
carico del sanitario, il quale, una volta richiesto dal paziente
dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia
secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso.
Trattasi di obbligo che attiene all'informazione circa le
prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente viene sottoposto, e in
particolare al possibile verificarsi, in conseguenza dell'esecuzione del
trattamento stesso (cfr. Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 30/7/2004, n.
14638), di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, al fine di
porre quest'ultimo in condizione di consapevolmente consentire al trattamento
sanitario prospettatogli (v. Cass., 14/3/2006, n. 5444).
Il medico ha pertanto il dovere di informare il paziente
in ordine alla natura dell'intervento, alla portata dei possibili e probabili
risultati conseguibili e delle implicazioni verificabili.
Si è al riguardo ulteriormente precisato che
l'acquisizione da parte del medico del consenso informato costituisce
prestazione altra e diversa da quella dell'intervento medico richiestogli,
assumendo autonoma rilevanza ai fini dell'eventuale responsabilità risarcitoria
in caso di mancata prestazione da parte del paziente (cfr. Cass., 16/05/2013,
n. 11950, che ha ritenuto preclusa ex art. 345 c.p.c., la proposizione nel
giudizio di appello, per la prima volta, della domanda risarcitoria diretta a
far valere la colpa professionale del medico nell'esecuzione di un intervento,
in quanto costituente domanda nuova rispetto a quella - proposta in primo grado
- basata sulla mancata prestazione del consenso informato, differente essendo
il rispettivo fondamento).
Trattasi di due diritti distinti.
Il consenso informato attiene al diritto fondamentale
della persona all'espressione della consapevole adesione al trattamento
sanitario proposto dal medico (cfr. Corte Cost., 23/12/2008, n. 438), e quindi
alla libera e consapevole autodeterminazione del paziente (v. Cass., 6/6/2014,
n. 12830), atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge (anche quest'ultima non
potendo peraltro in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana: art. 32 Cost., comma 2).
Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo
alla tutela del (diverso) diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.,
comma 1) (v. Cass., 6/6/2014, n. 12830).
Orbene laddove, nel condividere le conclusioni del
giudice di prime cure, ha nell'impugnata sentenza affermato che "il
Tribunale ha ritenuto che, in questo caso, il danno da mancato consenso
informato coincida in sostanza con l'intero danno derivato dalla esecuzione
dell'intervento", in tal senso dovendo "essere inteso il rilievo del
primo giudice sulla irrilevanza, in concreto, della questione relativa alla
opportunità o meno, nel merito, della scelta di intervenire
chirurgicamente", la corte di merito ha invero disatteso il suindicato
principio.
Pur avendo ritenuto colposa la condotta del medico ortopedico
F., erroneamente la corte di merito ha infatti ritenuto il risarcimento del
danno da errato (per avere poco prudentemente sottoposto l' O. - sofferente di
gotta - ad artroscopia con il rischio poi in effetti concretizzatosi di
riacutizzazione flogistica) intervento medico assorbito dal liquidato
risarcimento del danno da mancanza di consenso informato.
L'autonoma rilevanza della condotta di adempimento della
dovuta prestazione medica ne impone infatti l'autonoma valutazione rispetto
alla vicenda dell'acquisizione del consenso informato, dovendo al riguardo
invero accertarsi se le conseguenze dannose successivamente verificatesi siano,
sotto il profilo del più probabile che non (cfr., da ultimo, Cass., 26/7/2012,
n. 13214; Cass., 27/4/2010, n. 10060), da considerarsi ad essa causalmente
astrette. Con l'ulteriore avvertenza che, trattandosi di condotta attiva, e non
già passiva, non vi è nella specie luogo a giudizio contraffattuale (cfr.
Cass., 6/6/2014, n. 12830).
Dell'impugnata sentenza, assorbito ogni altro e diverso
profilo, s'impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio ad altra
corte di merito, che si indica nella Corte d'Appello di Milano, la quale
procederà a nuovo esame della vicenda, facendo dei suindicati disattesi
principi applicazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie
p.q.r. il 1 motivo di ricorso, assorbiti gli altri.
Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche
per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2014.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2015
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