SOLUZIONE
TRACCIA CONDOMINIO E
TUTELA DEL CONSUMATORE.
Cassazione
civile, sez. VI, 22 maggio 2015, n. 10679
FATTO E DIRITTO
1) Con sentenza 5 marzo 2014 il tribunale di Napoli ha
dichiarato di competenza arbitrale la causa promossa da Arcade Costruzioni srl
per ottenere dal condominio di via (OMISSIS) il pagamento di lavori edili già
eseguito e il risarcimento dei danni per la mancata esecuzione di tutti i
lavori inizialmente appaltati.
Il Condominio eccepiva preliminarmente l'esistenza di
clausola compromissoria.
Il tribunale ha accolto l'eccezione di compromesso e con
sentenza 5 marzo 2014 ha dichiarato ex art. 819 ter che sussiste la competenza
del Collegio arbitrale.
Arcade srl ha proposto regolamento di competenza con atto
notificato il 2 aprile 2014.
Il Condominio è rimasto intimato.
Parte ricorrente ha depositato memoria in replica alla
requisitoria scritta del P.G..
2) IL ricorso denuncia che la clausola compromissoria è
nulla, perchè carente della necessaria reciprocità: l'art. 32 del contratto
prevede infatti che la parte Committente, quale attrice o convenuta ha comunque
la facoltà di declinare la competenza arbitrale e chiedere che la controversia
sia decisa dal giudice ordinario.
Analoga facoltà non è quindi prevista per l'appaltatore.
Secondo parte ricorrente una clausola siffatta sarebbe
invalida, perchè le parti non si sarebbero attribuite, come necessario,
"un reciproco vincolo", che costituirebbe "elemento essenziale
per mantenere il sinallagma del negozio devolutivo".
Senza reciprocità verrebbe meno la funzione della
clausola.
3) Va preliminarmente esaminata l'ammissibilità del
Regolamento.
E' da premettere che il regolamento di competenza
proposto nei confronti di sentenza declinatoria o affermativa della competenza
per l'esistenza di clausola compromissoria è ammissibile ove riguardi, come
nella specie, un giudizio promosso successivamente al 2 marzo 2006, data di entrata
in vigore dell'art. 819 ter c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n.
4O.(Cass. 29261/11; 5510/11).
Tuttavia secondo la giurisprudenza - pur contraddetta da
buona parte della dottrina - non è impugnabile per regolamento di competenza la
sentenza che neghi la propria competenza in relazione ad una convenzione di
arbitrato irrituale, in quanto tale tipologia di arbitrato determina
l'inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, (Cass.
10300/14; 1158/13).
Nella specie il tribunale di Napoli non ha espressamente
qualificato il tipo di arbitrato in relazione al quale ha declinato la
competenza.
Il regolamento è da ritenere nondimeno ammissibile: per
stabilire infatti quale sia il rimedio impugnatorio appropriato, occorre aver
riguardo al principio dell'apparenza (Cass. 26919/09;
2558/13) , facendo esclusivo riferimento alla
qualificazione data dal giudice all'azione proposta, a prescindere dalla
esattezza del provvedimento impugnato, al fine di escludere che la parte possa
conoscere "ex post", ad impugnazione avvenuta, quale era il mezzo di
impugnazione esperibile (Cass. 3712/11; SU 390/11).
In mancanza di espressa indicazione, si deve credere che
il tribunale si sia espresso nel senso della configurabilità di arbitrato
rituale: ha infatti fermato la propria attenzione alla prima parte della
clausola compromissoria, senza prendere in considerazione le parti di essa da
ritenere più significative per la qualificazione.
Ha inoltre portato attenzione sul tipo di pronuncia da
rendere in relazione all'eccezione di compromesso. In proposito va rilevato
che, attesa la natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice
ordinario da attribuirsi all'arbitrato rituale in conseguenza delle disciplina
complessivamente ricavabile dalla L. 5 gennaio 1994, n. 5 e dal D.Lgs. 2
febbraio 2006, n. 40, detta eccezione è stata ricompresa, a pieno titolo, nel
novero di quelle di rito (Cass. 24153/13), cosicchè deve credersi che sia stato
rinvenuto nel sistema un favor per questa figura arbitrale, che mutua dalla
giurisdizione pubblica meccanismi processuali analoghi a quelli propri del
giudice statale (cfr utilmente Cass. 26135/13 che richiama Corte Cost. 223/13).
Bene ha fatto quindi parte ricorrente a impugnare la
sentenza con regolamento di competenza.
3.1) Altro profilo di inammissibilità è stato sollevato
dal pubblico ministero, che ha ravvisato nelle doglianze di ricorso la denuncia
di un vizio di motivazione, come tale inammissibile in questa sede.
Il rilievo non è condivisibile.
Il vizio di motivazione deducibile ai sensi dell'art. 360
c.p.c. è correlato all'accertamento e alla valutazione di punti di fatto
rilevanti per la decisione e pertanto, secondo risalente opinione (347/2000;
4010/2003), tale vizio non può essere dedotto nel ricorso per regolamento di
competenza, in cui sono contestabili soltanto l'affermazione o l'applicazione
di principi giuridici.
Nella specie però la questione sollevata in ricorso non
attiene alla ricostruzione del fatto, ma a profilo giuridico, attinente la
validità della clausola: si sostiene infatti, come anzidetto, che la clausola
compromissoria debba avere, a pena di invalidità, carattere bilaterale o
reciproco.
4) Va dunque esaminata la fondatezza di questa tesi, che
non è meritevole di accoglimento.
Giova muovere dall'analisi della clausola, che (v. art.
32 del contratto) prevede che le parti in caso di disaccordo su
interpretazione, risoluzione o applicazione del presente atto e comunque per
qualsiasi controversia si rimettono, "con promessa di rato e valido",
al giudizio di arbitri "amichevoli compositori", chiamati a decidere
"senza alcuna formalità procedurale e secondo equità".
Poichè nell'arbitrato irrituale le parti intendono
affidare all'arbitro la soluzione di una controversia attraverso uno strumento
strettamente negoziale - mediante una composizione amichevole o un negozio di
accertamento riconducibili alla loro volontà - impegnandosi a considerare la
decisione degli arbitri come espressione di tale personale volontà (Cass.
24552/13; 7554/11), le frasi usate, interpretate secondo i canoni ermeneutici
codicistici, lasciano intendere che nel caso odierno le parti abbiano voluto
preferire lo strumento negoziale per risolvere le controversie.
E' quindi all'arbitrato irrituale che esse hanno fatto
riferimento.
In tal senso va corretta la pronuncia napoletana, come la
Corte è chiamata a dire, essendo interpellata in sede di regolamento.
4.1) L'attivazione dell'arbitrato prevede, ex art. 32, un
meccanismo complesso. E' prevista la possibilità di adire il Collegio arbitrale
solo dopo un'interlocuzione diretta, cioè dopo che la Committente "avrà
fatto conoscere le proprie decisioni sulle argomentazioni addotte
dall'Appaltatore e comunque dopo l'effettuazione del collaudo definitivo".
La clausola prevede poi che solo la Committente ha
facoltà di "declinare la competenza arbitrale" e di chiedere che la
controversia sia decisa dal giudice ordinario.
Questa previsione non inficia la validità del patto.
Va ricordato che al contratto concluso con il
professionista dall'amministratore del condominio, ente di gestione sfornito di
personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applica la
normativa a tutela del consumatore, atteso che l'amministratore agisce quale
mandatario con rappresentanza dei vari condomini, i quali devono essere
considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei
ad attività imprenditoriale o professionale (Cass. 10086/01; 452/05).
Ciò in primo luogo esclude che vi siano profili di
squilibrio negoziale rilevabili di ufficio, poichè committente è il Condominio
oggi intimato e non viceversa.
Nè sembra esservi ragione per ritenere che la
derogabilità unilaterale confligga con i margini di esercizio dell'autonomia
privata.
Va infatti rilevato che la derogabilità unilaterale della
clausola compromissoria per arbitrato irrituale è comunque espressione di una
tendenza coerente con il sistema, cioè a favore del riconoscimento della
giustizia pubblica quale forma primaria di soluzione dei conflitti. Pertanto la
rinuncia all'attivazione della forma arbitrale irrituale, che è "strumento
strettamente negoziale" (Cass. 24552/13, 6830/14) di soluzione delle
controversie, corrisponde a un'opzione che non contraddice norme vigenti, nè
alcun valore immanente nell'ordinamento.
5) Previa la correzione della sentenza impugnata di cui
si è detto sub 4), il ricorso va rigettato.
Non v'è luogo per condanna alle spese, in mancanza di
costituzione dell'intimata in questo procedimento e comunque in considerazione
della novità della questione.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il
raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta
il ricorso.
Al sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n.
228 del 2012, art. 1, comma 17, da atto della sussistenza dei presupposti per
il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma
dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della
Sezione Sesta Civile - 2, il 17 febbraio 2015.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2015
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