giovedì 27 marzo 2014

Preliminare con effetti anticipati: mancata restituzione bene è indebito oggettivo.

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Cassazione civile, Sezione II, 3 luglio 2013, n. 16629.

La sopravvenuta inefficacia di un contratto preliminare di compravendita, a seguito della prescrizione del diritto da esso derivante alla stipulazione del contratto definitivo, comporta, per il promissario acquirente che abbia ottenuto dal promittente venditore la consegna e la detenzione anticipate della cosa, l'obbligo di restituzione, a norma dell'art. 2033 cod. civ., della cosa stessa e degli eventuali frutti ("condictio indebiti ob causam finitam"), non un'obbligazione risarcitoria per il mancato godimento del bene nel periodo successivo al compimento della prescrizione.
Nota a sentenza a cura del Dott. Roberto Malzone.
Sommario: 1. Introduzione – 2. Indebito oggettivo ed indebito soggettivo – 3. Indebito soggettivo ex persona accipientis – 4. Casistica.
1.      Introduzione.
Con la pronuncia sopra riportata, la Suprema Corte ha ribadito un principio costantemente affermato secondo cui la mancata conclusione del contratto preliminare, ad effetti anticipati, determina, in capo all’acquirente, la restituzione della cosa ed eventualmente dei frutti maturati a seguito della prescrizione del diritto a stipulare il definitivo.
L’obbligazione che sorge in capo al detentore si configura in un “indebito oggettivo” ex art. 2033 c.c. e non in un risarcimento per mancato godimento poiché la detenzione è avvenuta senza una iusta causa.
2.      Indebito oggettivo ed indebito soggettivo.
L’istituto dell’indebito oggettivo è disciplinato dall’art. 2033 c.c. e statuisce che “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”.
Il presupposto per la ripetizione dell’indebito oggettivo viene individuato nel carattere non dovuto della prestazione in quanto manca una causa solvendi.
Difatti, il fondamento dell’azione risiede nell’inesistenza dell’obbligazione adempiuta da una parte, “o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, o perché venuto meno successivamente, a seguito di annullamento, rescissione o inefficacia connessa ad una condizione risolutiva avveratasi” (Cass. Civ. Sez. III, n. 13207/2013; cfr. anche Cass. S.U. n. 5624/2009).
Colui che effettua il pagamento, per riottenere la somma indebitamente versata, deve dimostrare non solo l’effettuazione di un pagamento e l’insussistenza di un determinato rapporto obbligatorio, ma anche il collegamento eziologico tra detti elementi, ossia l’avvenuto pagamento in adempimento di quel rapporto obbligatorio insussistente, mentre è esclusa la tutela del solvens in caso di mancata specificazione del rapporto giuridico che abbia indotto al pagamento privo di causa debendi.
La ripetizione ex art. 2033 c.c. rappresenta un’azione restitutoria a carattere personale e non risarcitoria.

L’attore ha, inoltre, diritto ai frutti ed agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, mentre se questi era in buona fede, dal giorno della domanda.
In tema di indebito oggettivo, la buona fede dell’accipiens al momento del pagamento si presume, sicché grava sul solvens l’onere di dimostrare la malafede dell’accipiens all’atto della ricezione della somma non dovuta” (Cass. Sez. lavoro 8 maggio 2013 n. 10815).
Diverso è l’istituto dell’ indebito soggettivo, disciplinato dall’art. 2036 c.c. che così statuisce: “Chi ha pagato un debito altrui, credendosi debitore in base ad un errore scusabile, può ripetere ciò che ha pagato, sempre che il creditore non si sia privato in buona fede del titolo o delle garanzie del credito”.
In questo caso, il debito esiste però il debitore paga ad un creditore sbagliato.
La differenza tra indebito oggettivo ed indebito soggettivo, quindi, consiste nel fatto che, mentre nel primo il debito che con il pagamento si è inteso estinguere non esiste affatto, o perché non è mai sorto o perché dopo essere sorto non è venuto mai a mancare, nel secondo invece il rapporto debitorio esiste, ma non tra le persone tra le quali il pagamento è avvenuto.
Nell’indebito soggettivo, la ripetizione di quanto pagato è subordinata alla prova dell’errore scusabile.
Quest’ulteriore onere è giustificato dal fatto che il nostro sistema ammette la possibilità che un debito venga estinto da un terzo (art. 1180 c.c.) o che si verifichi una gestione di affari altrui (art. 2028 e ss. c.c.).
3.      Indebito soggettivo ex persona accipientis.
Diversa ancora è l’ipotesi dell’indebito soggettivo ex persona accipientis.
Questa fattispecie ricorre quando il debito di colui che ha eseguito il pagamento esiste ma non verso chi ha ricevuto il pagamento: il solvens è debitore ma non dell’accipiens. Detta fattispecie non è specificamente regolamentata dal legislatore e rientra nella disciplina dell’indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..
Quindi, al solvens, per ottenere la ripetizione, è sufficiente l’obiettiva inesistenza di una iusta causa solvendi, non avendo alcuna rilevanza la scusabilità, o meno, dell’errore per effetto del quale il pagamento stesso è stato effettuato.
4.      Casistica.
Alla luce di quanto sopra esposto, è opportuno riportare, per una maggiore comprensione degli istituti, alcuni esempi pratici affrontati dalla giurisprudenza.
a.      Erroneo inquadramento del dipendente.
“Nel caso di erroneo inquadramento superiore di un pubblico dipendente, l'affidamento e la buona fede di quest'ultimo non sono di ostacolo all'esercizio da parte dell'amministrazione del potere di annullare tale inquadramento e di ripetere, in applicazione dell'art. 2033 c.c., le somme indebitamente corrisposte; pertanto, nell'adozione di tali atti, l'amministrazione non è tenuta a fornire una particolare motivazione sull'elemento soggettivo dell'interessato, essendo sufficiente che vengano chiarite le ragioni per le quali il percipiente non aveva diritto a quel determinato inquadramento comportante la stabile erogazione di somme che, invece, per errore, gli sono state corrisposte” (Consiglio di Stato, sez. III, 5 Giugno 2013, n. 3099).
b.      Assegno di mantenimento del figlio della sola moglie.
“Il marito che in costanza del giudizio di separazione personale abbia corrisposto alla moglie un assegno per il mantenimento del figlio minore, sul presupposto che lo stesso fosse figlio di entrambi i coniugi, ha diritto alla ripetizione delle somme corrisposte ove si accerti che il minore non è suo figlio (ma della sola moglie). Il principio della irripetibilità delle somme comunque versate a titolo di mantenimento della prole nella pendenza del giudizio di separazione o di divorzio, infatti, presuppone che i minori (o i maggiorenni non economicamente autosufficienti) per i quali è stato versato un assegno siano figli di entrambi i coniugi” (Cassazione civile, Sez. I, 4 dicembre 2012, n. 21675).
c.      Negozio nullo.
“L’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del pagamento stesso” (Cassazione civile, Sez. III, 15 luglio 2011, n. 15669).

Dott. Roberto Malzone

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